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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Se otto emendamenti sono pochi…

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Stefano Tallia, segretario Stampa Subalpina
Uno spettro si agita per la sinistra italiana, quello del consenso del quale dispone o meglio, disporrebbe, il Presidente del Consiglio.
Uno spettro tanto pauroso da aver fatto rientrare tutte o quasi le obiezioni nei confronti di una riforma istituzionale dai contenuti chiaramente autoritari e che, in queste ore, induce alla prudenza autorevoli esponenti del Partito Democratico anche a proposito delle riforma del mercato del lavoro.
Sì, otto emendamenti mi paion pochi…
Una riforma, è bene sottolineare, che nulla ha a che vedere con la creazione di nuova occupazione, a meno che non si pensi che lo sviluppo del paese possa nascere dal dare mano libera alle imprese nei licenziamenti delle persone meno gradite. Si dirà che i casi che finiscono in tribunale sono pochi e da segretario di un sindacato non posso che confermarlo. Tuttavia, quella del reintegro è una fattispecie numericamente limitata proprio perché esiste una norma “civile” che impedisce di sbarazzarsi di un lavoratore per via delle sue idee politiche, per la sua confessione religiosa, per i suoi gusti sessuali o anche perché, guarda un po’, ha insistito troppo sul rispetto delle norme di sicurezza. Perché di questo e non di altro stiamo parlando.
La tutela non riguarda le aziende al di sotto dei quindici dipendenti e i collaboratori che possono vedersi revocare le commesse senza ragione?
Benissimo, estendiamo le tutele anche a questi lavoratori. Oppure, come ho scritto provocatoriamente qualche settimana fa, attribuiamo un valore monetario (alto) alla tutela dell’articolo 18. A dire cioè che io, in quanto lavoratore, potrò anche accettare il rischio di essere licenziato un giorno perché il colore dei miei capelli non sarà più gradito. Potrò farlo però se il mio lavoro costerà sempre almeno il 30 per cento in più rispetto a chi gode della copertura dell’articolo 18. Tutele economiche sempre e non solo nel momento dell’eventuale risoluzione del rapporto.
Si chiama parità.
Il problema temo però non sia questo e lo ha spiegato molto bene Luciano Gallino sulle colonne di “Repubblica”. L’obiettivo vero è una mutazione sociale profonda nel paese, capace di indebolire i lavoratori ponendoli in una situazione di ricatto permanete sotto alla minaccia della perdita dell’occupazione.
Alla fine del percorso c’è un lavoratore isolato e privo di rappresentanza quando il piano sarà completato con la disarticolazione delle rappresentanze sindacali. Eccessivo?
Idee fuori dal perimetro della Costituzione come quella di demansionare i dipendenti o prevederne il controllo a distanza, prima di uscire in queste settimane dalle stanze di Palazzo Chigi, si erano lette solo nel Piano di Rinascita Nazionale vergato da un conterraneo dell’attuale Premier.
Ecco perché otto emendanenti mi paiono pochi.
Ma torniamo infine al tema del consenso. Matteo Renzi ha fatto della trasparenza una delle sue bandiere. Si è impegnato per desecretare gli atti delle stragi, dice di voler giocare a carte scoperte.
E allora le carte scopriamole tutte, a partire dal “buio” che circonda il Patto del Nazareno.
Cosa c’è dentro a quell’accordo? Quali i punti? È vero che vi sarebbe un veto sulla futura presidenza della repubblica per Romano Prodi? C’entra qualcosa l’indebolimento del servizio pubblico radiotelevisivo con gli interessi privati di uno dei due contraenti.
Ecco, desecretiamo il Nazareno. E poi misuriamoci sul consenso. Scommettiamo che i risultati delle primarie -e soprattutto delle secondarie con gli italiani- sarebbero diversi da quel 40 per cento raccolto da Renzi alle europee ?
Animo compagni, si diceva un tempo…
dal blog di Stefano Tallia

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