I fatti di Torino di questi giorni pongono una questione centrale per chiunque voglia tornare a dare senso al termine sinistra.
Le strade si sono riempite di giovani degli istituti tecnici, provenienti da Barriera di Milano, Vallette, Mirafiori, San Paolo e dalla prima cintura della città.
Sono quei giovani impoveriti dalla crisi, ma cresciuti nel mito delle merci. Si trovano alle Gru, vanno al Motorshow a Bologna, riempono i centri commerciali e tifano per la nazionale.
Sono quella generazione bersaglio dei pubblicitari e della grande distribuzione, figli di persone che un tempo riuscivano a vivere più che dignitosamente anche grazie agli inciuci italiani, di cui oggi sono invece vittime.
Sono di bassa cultura scolastica, al punto che l’ignoranza è diventata quasi uno status da rivendicare.
Ma a parte questo, sono ragazzi e ragazze come tutti gli altri, con le speranze e le passioni degli adolescenti.
Una parte significativa della città con la quale quasi nessun soggetto della sinistra, sia quella istituzionale che dei movimenti, si è rapportata in questi anni.
I giovani studenti militanti e i ragazzi che hanno riempito le strade dietro ai “forconi”, negli ultimi decenni sono cresciuti in mondi vicini, ma lontani culturalmente e relazionalmente.
Oggi però è evidente che se questa distanza non si colma, c’è la possibilità che una destra populista e xenofoba cavalchi le cose.
Non è accaduto in questi giorni, ma il rischio è dietro l’angolo.
Chi avrà il coraggio di sporcarsi le mani e confrontarsi, costruire dialogo e occasioni comuni, potrebbe fare veramente la differenza. Se si salda la sinistra dei movimenti con i ragazzi dei quartieri, tutto potrebbe cambiare.
Ma ci vuole coraggio, tanto. Bisogna abbandonare l’egocentrismo delle organizzazioni e pensare in grande, nel senso che bisogna lavorare per un movimento veramente plurale.
Come negli anni 70, la questione centrale per questa città è quella della migrazione, un tempo dal meridione e oggi dal mondo globalizzato.
E come allora il rischio del razzismo è il vero e unico ostacolo all’unità dei settori popolari.
La scommessa è aperta per chi la vorrà cogliere.
Paolo Sollecito
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