Pubblichiamo integralmente l’intevento del Procuratore Generale Francesco Saluzzo dopo le polemiche che hanno portato anche alle dimissioni dell’ex deputato del Partito Democratico Mimmo Lucà.
Gentile Direttore,
ritengo mio preciso dovere intervenire nel “dibattito” che si è aperto, sia sugli organi di informazione sia in ambienti politici, in seguito a considerazioni e valutazioni da me svolte, durante la requisitoria che ho esposto, innanzi alla Corte d’Appello dl Torino, quindi, in una sede processuale e nella mia veste di parte nel processo.
Ed ancor più mi appare opportuno dopo aver letto, sui siti di agenzie di quotidiani on line, le addolorate e provate parole e considerazioni di un uomo politico torinese, che si è sentito chiamato in causa nella vicenda, in quella che da mero argomento processuale è stato trasformato in un “caso” che avrebbe coinvolto un partito politico, il Partito Democratico.
L’espressione che viene fatta oggetto di discussione e di valutazione è quella relativa ai rapporti che una “una parte” o una “frangia” deviata del Partito Democratico avrebbe intessuti con esponenti (uno o più) della ‘ndrangheta.
Si trattava, infatti, del processo a carico dl De Masi Salvatore e molti altri, per il reato di associazione mafiosa. Conclusosi con la condanna di quasi tutti gli imputati, a pene severe.
Trovo Singolare e veicolo dl scarsa informazione che, rispetto ad una requisitoria e ad una replica durate circa nove ore (e nelle quali si sono ricostruiti fatti gravissimi e, in dettaglio, la capacità di penetrazione sul territorio e in ambienti, anche di insospettabili), si sia pensato di enucleare e ridurre il tutto a poche parole, per trarne l’idea che il Procuratore Generale abbia voluto portare un attacco ad una o più formazioni politiche.
Comprendo che parlare di parte deviata possa essere letto come individuazione dl un’area anomala, dl una metastasi dentro un partito che, invece, tanto ha fatto e operato per contrastare, con i mezzi della politica, della legislazione, della sensibilizzazione della coscienza collettiva, le forme di criminalità di ogni genere.
“Ho già detto e ribadisco che non ho parlato del Partito democratico o di altri partiti politici nel loro complesso”
Ma il discorso era ben più ampio e riguardava i rapporti tra esponenti di primo piano dell’associazione mafiosa e singole persone appartenenti a movimenti politici: che, comunque, e forse inconsapevolmente, avevano avuto contatti ed avevano trattato con quel personaggi, interessati, questi ultimi, a “veicolare” voti.
In realtà, Io non ho fatto nomi (che pure erano presenti nelle carte del processo); come ho già detto, ho toccato il tema più controverso delle relazioni che il potere mafioso ha cercato anche con “pezzi” (o parti o frange) della politica. i fatti sono incontrovertibili.
Ho già detto e ribadisco che non ho parlato del Partito democratico o di altri partiti politici nel loro complesso (e come avrei potuto?) e ho detto testualmente, rispondendo ad una domanda, “il PD non è questo, e queste persone non rappresentavano – certo – il PD. Parliamo, però, di gente che faceva cattiva politica, senza farsi troppe domande”.
C’erano persone che andavano alle riunioni, che offrivano voti (pacchetti consistenti) e, tra queste persone, c’era appunto Salvatore DE MASI.
Persona che era tutt’altro che dissimulata e sconosciuta, se, com’è vero, già nel 2008, il suo nome e la sua figura erano stati più volte oggetto di articoli di stampa (in particolare, sul quotidiano “La Stampa”) che riprendevano quanto emerso nel dibattimento del processo, tenutosi a Reggio Calabria (il processo “Stupor Mundi”), sulla base di atti trasmessi proprio dalla Procura della Repubblica di Torino. E De Masi veniva indicato come personaggio criminale di altissimo livello (come i processi hanno poi dimostrato, almeno nei gradi sin qui conclusi).
Mi rammarico che una lettura ed una valutazione delle carte processuali in sede di dibattimento pubblico (prerogativa delle parti processuali, che hanno ampia estensione nell’argomentare e motivare) sia stato inteso in senso difforme dalla volontà e dalle intenzioni e dagli scopi di chi le formulava, in questo caso l’organo dell’accusa.
L’argomento era funzionale a dimostrare la caratura criminale del De Masi, la sua pervasività e la sua capacità di “insinuarsi” anche presso e tra personaggi di alto livello.
Che poi queste persone non ne abbiano avuto la esatta percezione e comprensione del significato “dell’avvicinamento” è questione che si è conclusa per alcuni di loro positivamente (quelle appartenenti al partito democratico) ma che nulla toglie alla pericolosità dei soggetti criminali.
Sperando di avere contribuito a chiarire la questione, Le invio i miei migliori saluti, con la richiesta della cortesia di una pubblicazione integrale.
Francesco Enrico Saluzzo, procuratore generale presso la Corte di appello di Torino