Sosteneva di essere a conoscenza di due episodi compromettenti. L’ex portavoce della sindaca di Torino Chiara Appendino, Luca Pasquaretta, secondo i magistrati, diceva che avrebbe vuotato il sacco in Procura.
Questo emergerebbe dalle carte, ovvero dai verbali degli interrogatori resi da Appendino nell’inchiesta in cui è parte lesa e persona offesa del reato di estorsione che vede indagato lo stesso Pasquaretta. Ma quali sarebbero i due episodi che avrebbero spinto, secondo gli inquirenti, l’assessore al Commercio, Alberto Sacco, a riferire alla sindaca delle presunte pressioni che il giornalista lucano avrebbe fatto nei suoi confronti per ottenere un nuovo impiego dopo le dimissioni da portavoce?
La prima dovrebbe riguardare il casus belli che ha portato Pasquaretta lontano da Palazzo di Città: la consulenza da cinque mila era ottenuta al Salone del Libro nel 2017 e per la quale è indagato per peculato. Sulla vicenda Appendino è stata prima indagata, ma poi la sua posizione è stata stralciata e potrebbe arrivare l’archiviazione. La seconda, a quanto avrebbe riferito Appendino ai magistrati, riguarderebbe l’utilizzo della macchina di servizio per andare a Ivrea per un impegno del Movimento Cinque Stelle.
A precisa Appendino, sentita tre volte dai pubblici ministeri Enrica Gabetta e Gianfranco Colace. «Non ho mai percepito credibili nel contenuto le minacce che Alberto Sacco mi ha riferito”, ha sostenuto la sindaca Appendino davanti ai magistrati, ponendo l’accento sul suo modo di fare “abbastanza colorito”».
«Dopo che ho appreso della vicenda giudiziaria di Pasquaretta – spiegava Appendino – in particolare dell’accusa, appresa a mezzo stampa, che riguarderebbe appuntamenti con i miei assessori per interessi privati».