Neanche il tempo di spegnere la prima candelina di governo. Matteo Renzi sembra abbia già un occhio verso il futuro, per il consolidamento della poltrona di Palazzo Chigi, quindi per battere gli avversari che verranno. La battuta al vetriolo riservata a Maurizio Landini della Fiom è realistico vada in questa direzione, con un solo obiettivo: rottamare tutto quel che è alla sua sinistra. Anche perché nel campo di quel che stava, o teoricamente sta, alla sua destra ha già seminato e raccolto.
«Landini sceglie la politica perché ha perso con Marchionne» ha dichiarato sabato il premier nel programma In mezz’ora di Lucia Annunziata, aggiungendo provocatoriamente: «Non è Landini che abbandona il sindacato, ma è il sindacato che ha abbandonato Landini». Renzi ha tirato per la giacchetta Landini, provando a coinvolgerlo nella mischia della politica, creandosi un altro nemico con il quale duellare per tentare di rafforzare la sua credibilità da statista, vista anche la fiacchezza che sta interessando dopo l’elezione di Sergio Mattarella i cosiddetti “gufi” della sinistra del Partito Democratico. Un passaggio, quello della discesa o che dir si voglia salita, che il leader dei metalmeccanici sembra all’oggi non contemplare, per quanto nell’intervista a Il Fatto Quotidiano di domenica abbia alluso alla sfida del «cambio d’epoca», menzionando l’irrisolta problematica della rappresentanza.
Al di là della querelle che si è alzata nell’interpretazione delle parole di Landini, è evidente l’operazione di Renzi, che nell’europeo furore per la novità Syriza capitanata da Alexis Tsipras, si preoccupa di tamponare quel che potrà nascere alla sua sinistra, preventivamente, per rottamare con anticipo tutto quel che, alla prossima tornata elettorale, che oggi sembra distante, ma non troppo, potrà minare qualche pezzettino del suo consenso, a prescindere dal nome che avrà la personalità che deciderà di sfidarlo.