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giovedì, 24 Ottobre 2024

Mio nonno Quintino Scanderebech, sopravvissuto ai campi di concentramento

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Federica Scanderebech
Ieri, 27 gennaio 2015, ricorreva la “Giornata della memoria”, per non dimenticare ho deciso di pubblicare questa testimonianza.
All’età di 21 anni, Quintino Scanderbech deportato dai tedeschi in Polonia nei campi di concentramento, così descriveva in dialetto quell’esperienza a suo figlio: “Te notte u Tata tou rischiava cu rivava alla foggia nunca minavane e scorse, e cerane bbone e scorse te patate…”.
Liberato successivamente dai russi, fece il ritorno in Italia con un convoglio merci all’aperto e, arrivato nella stazione di Milano aveva le gambe “congelate” e non riusciva a tenersi in piedi. Lo aiutarono a scendere e lo “depositarono” per terra. Per sua enorme fortuna il destino aveva deciso che un suo concittadino pugliese di Felline fosse di passaggio da lì e riconoscendolo lo prese letteralmente in braccio come un bambino e lo accompagnò fino appunto a Felline, suo paese d’origine in provincia di Lecce.
La persona che lo salvò è Nicola Placì, e colgo l’occasione per ringraziarlo di cuore per quello che ha fatto e per avermi dato la possibilità di conoscere mio nonno.
Arrivato a Felline le sue gambe continuavano a non dare segni di vita, ma durante la processione di S. Antonio, il Santo Patrono del paese, i miei bisnonni chiesero ai fedeli di fare una sosta vicino casa per vedere la statua del Santo a mio nonno e da quel momento le gambe ripresero a muoversi! Anche per questo, per tutta la vita, mio nonno Quintino si è sempre adoperato per la Festa di S. Antonio raccogliendo uva con la bicicletta e poi da anziano con l’ape.
Contadino, pescatore e minatore in Belgio, Quintino Scanderebech, grazie al fratello Salvatore che lo convinse a ritardare di qualche giorno la partenza per causa di una stracittadina partita di calcio (Alliste contro Felline), arrivò a Marcinelle il giorno 9 agosto del 1956, subito dopo la tragedia, sconvolto del disastro ritornò subito a casa.
Morto a Torino il 21 del mese di settembre 1993 a causa di una grave malattia conseguenza del lavoro in miniera lo voglio ricordare così dopo tanti anni. Sono fortunata ad avere avuto un nonno come lui!
Nel maggio 2013 il Comune di Torino mi affidò di rappresentare istituzionalmente la Città presso il campo di Mathausen nel giorno in cui ricorreva la liberazione. Quello stesso giorno era anche il mio compleanno, quell’esperienza ha segnato la mia vita e rimarrà indelebile nei miei ricordi… Mio nonno morì quando io avevo solo otto anni e nulla mi raccontò di questa fortuna a sopravvivere ai campi di sterminio, sono sicura che quando quest’anno il giorno del mio compleanno, a distanza di un anno esatto dal quel viaggio, il mio sguardo durante una passeggiata è ricaduto su un mendicante che ha iniziato a suonare “Bella Ciao” sia stato un segnale che mio nonno mi ha voluto dare per non dimenticare…

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