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giovedì, 24 Ottobre 2024

Luca Cassiani: rimettere la cultura al centro del villaggio

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Sono state polemiche roventi per il mondo della cultura sotto la Mole. Prima lo scandalo generato dalle parole di Giuliano Soria attorno al premio Grinzane Cavour, poi il pasticcio dell’ex area Westinghouse per la mai realizzata biblioteca civica centrale Bellini. Abbiamo chiesto a Luca Cassiani, consigliere comunale del Partito Democratico e presidente della commissione Cultura del Comune di Torino, chiarimenti su quel che è avvenuto e su quel che la città ambisce a fare nel settore che, con la trasformazione di Torino soprattutto in qualità di città evento, sta evidentemente prendendo piede sulla scena. Una buona sintesi delle parole di Cassiani è possibile scovarla nelle parole dell’allenatore francese della Roma, Rudi Garcia, parafrasando un’esclamazione che lo rese mediaticamente celebre, mettendo la cultura, invece della chiesa, al centro del villaggio. Per Torino sarà così?
Al presidente della commissione Cultura non possiamo che innanzitutto porre la questione del pasticcio dell’ex area Westinghouse. È un pasticcio, possiamo definirlo così? Sappiamo quel che è avvenuto negli anni: nel 2001 il progetto faraonico della biblioteca Bellini, nel 2011 il tutto viene accantonato e viene votata la delibera che cambia le carte in tavola a favore di un centro congressi, poi nel 2013 avviene la vendita alla Ream. Che cosa ne pensa Luca Cassiani di quel che è avvenuto, di quello che abbiamo visto negli ultimi giorni, con la Guardia di finanza in Comune?
«Ovviamente c’è un’inchiesta da parte della magistratura contabile, la Corte dei conti, che accerterà se ci sono state violazioni o responsabilità. Non voglio e non devo difendere nessuno, non è mio compito, tanto meno sono coinvolto direttamente se non come cittadino e ora consigliere comunale. La città individuava l’esigenza di costruire una grande biblioteca civica centrale. Questa esigenza è sentita ancora oggi, tant’è che abbiamo individuato, dopo molti anni, una nuova area per poterla costruire. Ai tempi si individuò un posto centrale, o semi-centrale, comunque importante, l’area pubblica ex Westinghouse, interposta tra il tribunale, la nuova stazione centrale di Porta Susa, quindi l’alta velocità, la metropolitana e il Politecnico. Si fece un bando internazionale per la progettazione del manufatto. Nel bando si chiedeva di progettare e immaginare un nuovo polo culturale che comprendesse biblioteca, teatro con aule studio e aula magna. Allora si fece il bando, la città in quel momento aveva la disponibilità, le risorse per pagare il professionista che fece il progetto (il bando venne vinto dall’architetto Mario Bellini, ndr). Il pagamento della parcella è indipendente dalla realizzazione dell’opera: è evidente che se io vado da un professionista mi faccio fare un progetto per costruire una casa, questo lo fa e poi la banca non mi fa il mutuo, non è che è colpa del professionista, questo deve essere pagato, retribuito legalmente e giustamente, per la qualità ed il valore della sua attività professionale. Poi arrivò la crisi: il taglio dei trasferimenti agli enti locali, una serie di difficoltà economiche e finanziarie, l’impossibilità di accedere a nuovi mutui per le mutate regole contabili. La città fece ridurre il progetto da 220 a 120 milioni, escludendo il teatro. Cambiarono le amministrazioni e non si trovarono le risorse necessarie per costruire la biblioteca civica centrale progettata da Bellini. Rimane oggi comunque viva e fondamentale l’esigenza di avere un luogo di cultura, che sia una grande biblioteca civica centrale, all’onor del mondo, paragonabile con quelle di molte città universitarie europee: una città che ha 100mila studenti universitari non può non avere una grande biblioteca, multimediale, che abbia una rete wi-fi libera e accessibile e che consenta il contatto diretto con i centri di cultura di tutto il mondo e che sia un punto di riferimento culturale non solamente per i nativi torinesi ma anche per tutte le comunità etniche presenti nella nostra città. Un nuovo polo culturale la città lo individua, circa due anni fa, grazie al lavoro che facciamo in Consiglio comunale ed a una mozione di cui sono orgogliosamente primo firmatario, a Torino Esposizioni. Stiamo lavorando utilizzando i fondi post-olimpici, la dismissione della vecchia biblioteca e ad un accordo con l’Università per reperire le risorse finanziarie per costruire una nuova biblioteca. Dal punto di vista della logica è evidente che dispiace aver “buttato via” un progetto straordinario in un posto importante. Se io avessi potuto l’avrei fatta sicuramente in quel luogo: ci stava dal punto di vista strategico, perchè vicina alle grandi vie di comunicazione, metropolitana e Porta Susa, nonché nei pressi di una zona in grande trasformazione come quella dove è avvenuto il raddoppio del Politecnico. È una zona che meritava un progetto del genere».
Dobbiam però fare due osservazioni. Lei ha detto che non vuole difendere nessuno, il riferimento è all’architetto Bellini, che ha incassato 16,4 milioni di euro? E vada per il luogo culturale, la biblioteca civica multimediale a servizio della città, però come si spiega il fatto che quello di cui si sta parlando sia soprattutto relativo a quale supermercato? Esselunga ha vinto il bando per una zona del progetto, battendo Nova Coop.
«Non facciamo confusione. C’è anche Esselunga, c’è anche una piastra commerciale, come si chiama oggi, di meno di 4mila metri quadrati che è un supermercato ma non né un ipermercato né un centro commerciale. Ma soprattutto: lì c’è tutt’altro progetto, c’è il centro congressi. Non difendo nessuno, sicuramente il professionista che ha lavorato non ha responsabilità, prendersela con Bellini ed i suoi collaboratori che hanno lavorato per un lavoro di qualità, di eccellenza, vincendo un bando, presentando tutte le carte che dovevano presentare, non si può. Sicuramente è cambiato il mondo, è cambiata anche la politica. In quel momento lì eravamo in una fase di passaggio tra il periodo in cui era possibile indebitarsi fortemente e quello nel quale non è più possibile farlo. Quel progetto è tramontato perché non c’erano più le risorse per farlo. Tutto qui, non devo difendere io la scelta della giunta che era giusta e lungimirante, purtroppo è capitato che un progetto ambizioso ha dovuto fare i conti con la realtà, che è diventata una realtà diversa e che quindi non si poteva più finanziare. Non è una speculazione commerciale o per fare un supermercato, assolutamente. L’esigenza di fare un biblioteca civica centrale rimane ed è stata ricollocata a Torino Esposizioni. Nell’ex area Westinghouse sorgerà un centro congressi da 5mila posti, un’importante punto di riferimento per il business, per avere Torino al centro del mondo, per fare un certo tipo di congressi, di grande standard e qualità, grande attrattività internazionale, e affianco ci sarà questa piastra commerciale da 4mila metri quadri che è un mero supermercato».
Qualche tempo fa facemmo come NuovaSocietà un dibattito su come sta la cultura a Torino, al quale lei partecipò. La questione dell’ex area Westinghouse ha fatto indubbiamente pensare e si è affiancata alla storia del “sistema Soria”, o come lo vogliamo definire, che ha chiamato in causa il Partito Democratico, nel particolare il presidente Sergio Chiamparino.
«La responsabilità penale è personale, non collettiva. Quindi non può averla un partito ma quei militanti o dirigenti che si macchiano di reati. Tirati in ballo da un uomo che ha avuto una condanna a dieci anni di reclusione. Mi pare si commenti da sé. Probabilmente è un disperato che non sa con chi prendersela. Ora, dimostri le sue accuse, porti i documenti e le prove di quello che dice. Le confessioni a scoppio ritardato mi fan sempre venire qualche dubbio. Se aveva da dire qualcosa, parlare di qualcuno, chiamare in causa i politici, doveva dire nomi e cognomi subito, non dopo cinque anni. Quindi su questo credo Chiamparino possa stare sereno».
E rispetto allo stato di salute della cultura a Torino?
«Questa è una città che ha puntato molto nel decennio passato sulla cultura. A partire dai grandi investimenti per le Olimpiadi al grande investimento culturale che è stato il raddoppio del Politecnico, per far diventare Torino una città di innovazione, dove gli studenti ed i ricercatori possono venire a studiare e lavorare. Poi le grandi infrastrutture culturali che abbiamo costruito: faccio un esempio, il grande impegno economico che sfocerà il primo aprile nell’inaugurazione del Museo Egizio, che arriva da lontanissimo, che farà di quel museo, probabilmente, ad oggi, dopo quello che è successo a Il Cairo in termini di devastazioni, il più grande museo di arte egizia del mondo. Il teatro Stabile è stato riconosciuto come eccellenza nazionale, il teatro Regio è applaudito in tutto il mondo, il teatro ragazzi è un’altra eccellenza riconosciuta, la Fondazione Torino Musei propone mostre importanti e di livello internazionale frequentatissime. Quindi c’è una verve culturale fortissima. Si tratta di mantenere quello che abbiamo costruito con ovviamente le ristrettezze delle risorse. Anche per le grandi manifestazioni pubbliche bisognerà fare una revisione perché non tutto si potrà mantenere. Le manifestazioni storiche, radicate, tipo Mito SettembreMusica, trentotto anni di musica classica e nuova musica a Torino, sono assolutamente intoccabili e inalienabili, non si possono superare perché radicate nel tessuto della città. Ci sono poi altre cose nuove importanti, i festival di musica giovanile, come il Traffic, che vanno salvaguardati. C’è parecchio. Bisogna però passare dal considerare gli investimenti in cultura come investimenti strategici e puntare su questi per lo sviluppo economico del territorio».

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