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mercoledì, 23 Ottobre 2024

L’assessore Lapietra sul sottopasso di corso Grosseto

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Riccardo Graziano
Riccardo Graziano
Figlio del boom demografico e dell'Italia del miracolo economico, vive con pessimismo non rassegnato l'attuale decadenza del Belpaese. Scopre tardivamente una vocazione latente per il giornalismo e inizia a scrivere su varie testate sia su carta stampata sia su web.

Qualunque città che aspiri al ruolo di metropoli internazionale non può prescindere da un collegamento veloce ed efficiente con il proprio aeroporto. È questa la priorità per Torino, da troppo tempo penalizzata dalla mancanza dell’allacciamento fra la ferrovia proveniente da Caselle e il nuovo passante ferroviario.

Il peccato originale, come noto, è stato l’abbassamento del livello del passante ferroviario, idea in sé positiva per eliminare la cesura che tagliava la città, ma realizzata senza tener conto del fatto che si sarebbe dovuto abbassare il livello anche delle tratte intersecate, come la Torino – Ceres che garantiva il collegamento su rotaia con l’aeroporto. Il risultato è che quest’ultima linea, ammodernata a fine anni ottanta con l’interramento della tratta urbana e la costruzione della nuova stazione di Torino Dora, oggi si ritrova tagliata fuori dai binari del nuovo passante, che corre a poca distanza, ma 14 metri più in basso.

Per rimediare a questo errore di progettazione, si è scelta una soluzione che con l’andare del tempo si rivela sempre più problematica, ovvero la costruzione di un nuovo sottopasso sotto corso Grosseto, che porterebbe la linea di Caselle a incrociare il passante in una nuova stazione a Rebaudengo, dismettendo contestualmente la tratta Madonna di Campagna – stazione Dora dopo appena un ventennio di utilizzo. Il tutto per un costo già lievitato oltre i 170 milioni di euro.

Non per nulla, in campagna elettorale il Movimento 5 stelle aveva espresso massima contrarietà al progetto e ora che gli esponenti pentastellati sono giunti al governo della città la questione si è riaperta bruscamente, portando a uno scontro istituzionale fra Regione e Comune. L’assessore ai Trasporti di Torino, Maria Lapietra, ci tiene a precisare che la sua non è un’opposizione ideologica, riveniente dalla campagna elettorale, bensì il frutto di un’analisi tecnica su una soluzione «progettata male, dove al momento le preoccupazioni maggiori sono a livello superficiale, dove si creerà una situazione di congestione sia durante la fase dei lavori che dopo, con la demolizione dell’attuale sopraelevata che collega i corsi Potenza e Grosseto, senza che al momento vi sia una viabilità alternativa». Per questo l’assessore ha subordinato l’avvio dei lavori «all’inserimento nel progetto del proseguimento di corso Venezia lungo l’asse del passante fino all’innesto col raccordo autostradale Torino-Caselle, in modo da garantire una viabilità alternativa. La variante potrebbe essere approvata già entro dicembre e può rientrare nel progetto perché incide in maniera sufficientemente limitata sui costi, potrebbe essere finanziata con un ribasso sull’attuale preventivo».

Ma rimane la questione di fondo di un progetto “sballato” verso il quale Lapietra ha più o meno la stessa opinione che esprimeva il mitico Fantozzi sulla “Corazzata Potemkin”, in un film che molti ricorderanno. Un progetto che oggi sembra essere figlio di nessuno, criticato da molti e disconosciuto da tutti, ma che all’epoca si era affermato scalzando tutte le alternative e ottenendo l’approvazione del Cipe, che aveva previsto un finanziamento in virtù del quale si era deciso di procedere. Perché alla fine il metodo decisionale pare essere sempre quello: non si costruisce ciò che serve, ma ciò che consente di ottenere i finanziamenti. E quando si scopre che è sbagliato, si persevera nell’errore «perché –prosegue Lapietra- fermare il progetto attuale e passare a qualcosa di alternativo significherebbe dover rifare gli appalti, quindi pagare delle penali agli attuali contraenti, e magari anche a coloro che a suo tempo avevano presentato progetti percorribili e migliori, ma che vennero respinti. E le penali dovrebbe pagarle la Regione, che non ha nessuna intenzione di farlo».

Ma di quale ordine di cifre stiamo parlando? «Intorno al milione di euro, ma poi ci sarebbe il rischio di entrare in causa con le ditte interessate», sottolinea Lapietra.

È ancora l’assessore a sottolineare che «la nuova stazione ferroviaria che dovrebbe sorgere all’altezza di corso Grosseto era prevista con una sola uscita per il pubblico, su un lato di un corso ad elevata percorrenza con tre corsie per senso di marcia, decisamente problematico da attraversare per i pedoni. Poi c’è il problema della sistemazione viaria dopo l’abbattimento della sopraelevata attuale, necessario con lo scavo del tunnel sotterraneo che ne minerebbe la stabilità. Al suo posto sarebbe prevista una rotonda, ma con l’intersezione dei corsi Grosseto e Potenza, più le altre vie, la linea tranviaria, gli attraversamenti pedonali, rischia di diventare un delirio. Come pure folle è la previsione dei parcheggi sul lato sinistro del corso, con le auto in manovra a contatto con quella che dovrebbe essere la corsia di scorrimento veloce. Un progetto assurdo, senza il minimo di buonsenso. Ho chiesto che almeno la stazione ferroviaria preveda due uscite pedonali, in modo da consentire ai passeggeri di oltrepassare il corso in sotterranea, come avviene in tutte le attuali stazioni della metro».

Considerazioni che l’assessore ha esposto anche durante i colloqui col ministro delle Infrastrutture e Trasporti Delrio, trovandolo concorde, nonché con i sindaci delle valli interessate, che peraltro non avevano mai visto il progetto e hanno condiviso le preoccupazioni. Tutti vogliono questo collegamento su rotaia fra Torino, l’aeroporto e l’hinterland, ma il rischio è ritrovarsi con un progetto tanto faraonico quanto lacunoso, i cui costi già elevati rischiano di aumentare per i numerosi aggiustamenti necessari. E di creare un nodo gordiano alla circolazione al posto dell’attuale sopraelevata, esteticamente discutibile, ma efficace nello snellire la viabilità. Con conseguenze catastrofiche su traffico, tempi di percorrenza e inquinamento, fattore da non sottovalutare, visti i continui sforamenti dei limiti e i conseguenti blocchi alle auto. Qualcuno ha valutato l’impatto del progetto in questo senso? «No – risponde Lapietra- la Regione a suo tempo aveva disposto di non effettuare la VIA, la Valutazione d’Impatto Ambientale». Altro buon motivo per stoppare il progetto, e ripensare ad altre alternative, tipo la prosecuzione della linea attuale verso il vecchio capolinea di Porta Milano, dietro Porta Palazzo, com’era peraltro fino agli anni ’80, o l’abbassamento del sedime della tratta attuale, in modo da ricongiungere la linea col passante a Stazione Dora, com’era fino al non lontano 2006. Ma sarebbero soluzioni percorribili? «Certo che sì –rimarca Lapietra- ho anche chiesto di prevedere il ripristino della vecchia tratta fino a Porta Milano scavalcando il passante, cosa che dovrebbe essere approvata». Senz’altro una miglioria che porterebbe ad avere un’ulteriore alternativa per raggiungere il centro città.

Ma il nodo fondamentale della questione rimane il tunnel di corso Grosseto e la conseguente risistemazione superficiale, un pasticcio che rischia di costare milionate ai contribuenti piemontesi e di rivelarsi una pezza peggiore del buco: tutto sommato, potrebbe valere la pena pagare la penale, comunque si dovrebbe perlomeno chiedere il parere ai cittadini.

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