Non è bastato un week end di riflessione sulla vicenda dell’istituto Faà di Bruno di Torino che aveva organizzato un ciclo di incontri per «proporre una riflessione complessiva sulla bellezza della famiglia naturale minacciata dall’ideologia gender», che subito si risollevano le polemiche.
In difesa della famiglia era stata invitata la dottoressa Chiara Aztori, specialista in malattie infettive, accesa promotrice delle “terapie riparative”, ovvero del “raddrizzamento” dell’orientamento sessuale per mezzo del convincimento psicologico.
Subito era stata presentata una richiesta di comunicazioni urgenti firmata da Michele Curto, Marco Grimaldi, Marta Levi e Luca Cassiani del Pd per chiedere delle spiegazioni urgenti in Comune su questa esecranda iniziativa.
Poi l’annullamento dell’evento. Ma chi lotta per preservare la famiglia tradizionale non si è arreso.
E così è apparso un editoriale su “La Voce del Popolo”, settimanale della diocesi di Torino, che si scaglia contro la decisione di sospendere gli incontri: «In questo Paese, malgrado tutto, nessuno ha il diritto di esercitare una censura preventiva sulle parole e sulle iniziative altrui. Soprattutto, e più sottilmente, occorre ribadire che non esiste un solo modo per affrontare le questioni, qualunque esse siano: perché il rischio vero insito nelle censure e nelle lobbies consiste proprio in questo, che alla fine rimane un solo modo di guardare alla realtà, e di vivere la vita, quello espresso dalla cultura dominante».
«Sembra che a parlare di omosessualità sono abilitati soltanto coloro che hanno ottenuto una qualche approvazione preventiva da alcune istituzioni culturali e politiche espressione dei movimenti omosessuali o dei loro simpatizzanti. questo il punto inaccettabile – aggiunge “La Voce del Popolo” – l’art. 21 della Costituzione garantisce a tutti i cittadini la libertà di espressione, cioè la possibilità di compiere e dichiarare le proprie scelte culturali (e politiche) al di là di qualunque censura».
Come avevano detto Grimaldi e Cassiani, dunque, ancora una volta, «l’omofobia, come spesso è successo per il razzismo e il sessismo, è tollerata perché travestita con l’alibi dell’opinione e la difesa dei valori tradizionali».
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