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lunedì, 2 Dicembre 2024

La mani della mafia sulle cave piemontesi

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Marco Grimaldi
Da tempo associazioni come Legambiente e Libera documentano e denunciano le infiltrazioni mafiose nella gestione delle cave e nel ciclo del cemento in Piemonte, e sono almeno vent’anni che le forze dell’ordine indagano su questi interessi.
Il rischio che le cave possano diventare, grazie ai rifiuti, delle vere e proprie miniere d’oro per le organizzazioni mafiose è ormai una realtà acclarata.
Il primo caso a Montanaro, nel Canavese: nel 1994 uno smaltimento clandestino di rifiuti in una ex cava fu al centro di un’indagine della Procura di Palermo. Anche se il procedimento si concluse con l’archiviazione, la vicenda mise in luce un traffico di rifiuti e miliardi gestiti delle cosche per venire incontro alle esigenze di qualche industriale del Nord, con la complicità di alcune società di smaltimento.
Due decenni dopo le cave piemontesi continuano a essere nel mirino delle mafie, che le usano per smaltire illecitamente rifiuti speciali, in alcuni casi tossici e potenzialmente nocivi. La più nota a Romentino, nel novarese, dove nel 2010 venne ucciso l’imprenditore Ettore Marcoli, reo di voler scindere il “sodalizio” con le cosche per portare rifiuti illeciti tossici alla sua cava e partecipare agli appalti pubblici. Qui siamo stati con altri consiglieri di maggioranza, durante il sopralluogo di venerdì scorso.
Ma non è finita: l’operazione San Michele ha svelato infiltrazioni della ‘ndrangheta in Valsusa, collegate a una cava nel comune di Sant’Ambrogio e allo smaltimento del pietrisco e delle rocce amiantifere provenienti dai lavori del Passante ferroviario di Torino in altre miniere della regione.
Una nuova normativa Regionale sulla coltivazione di cave e miniere è necessaria. L’attuale quadro normativo risale al 1978 e risulta obsoleto e inadeguato a contrastare possibili infiltrazioni.
Oggi con l’approvazione degli articoli 39 e 40 della legge sulla semplificazione (che non è certo uno “sblocca Piemonte”) abbiamo votato gli aumenti delle sanzioni e la priorità d’uso delle cave già autorizzate su nuovi siti estrattivi di prestito. Nei prossimi mesi dovremo lavorare a una nuova legge. Ci siamo presi l’impegno, davanti alle associazioni ecologiste che ci chiedono di uscire dal far west e ai tanti sindaci che reclamano di non essere lasciati soli nei controlli, di mettere in campo una proposta che riguarderà tanto la programmazione, quanto i controlli, le concessioni e soprattutto i canoni.

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