Il Regno Unito rimarrà tale. Dopo oltre trecento anni la Scozia ha deciso di non volere l’indipendenza dal governo di Londra: con un’affluenza record che ha sfiorato picchi del 90%, il 55% dei pronipoti di William Wallace ha votato no alla secessione, contro il 45% dei connazionali.
Non è dunque bastata la passione e l’impegno messi in campo dal primo ministro scozzese e leader indipendentista Alex Salmond, che ha però reagito in modo composto ai risultati delle votazioni. «La Scozia non sarà un Paese indipendente – ha esordito in diretta sulla Bbc, parlando dalla sede del suo comitato – Ma la partecipazione è stata un trionfo».
Salmond si dice entusiasta per la grande affluenza e partecipazione, oltre che per i timori che il referendum è riuscito a suscitare nel governo inglese. «Abbiamo visto paura e preoccupazione – ha detto il leader scozzese – abbiamo visto che dal governo britannico nessuno si sarebbe aspettato questo successo, sono stati mossi da quello che vedevano. Oggi non dobbiamo guardare a quello che non abbiamo, ma dobbiamo andare avanti come una sola nazione», ha poi concluso facendo coraggio ai suoi.
Salmond l’aveva promesso, se i risultati fossero stati negativi non ci sarebbe stato alcun referendum almeno per un’altra generazione. «Si tratta dell’occasione di una vita», aveva detto il leader indipendentista. Ora però, ha aggiunto, l’Inghilterra dovrà mantenere le promesse fatte durante la campagna. Westminster aveva infatti assicurato più poteri al governo scozzese.
Sull’altro fronte il comitato del no esulta. Da Londra è intervenuto il premier David Cameron che per prima cosa ha difeso la decisione di lasciare alla Scozia la possibilità di scegliere o meno la propria autonomia, dalle tante voci critiche piovutegli addosso nelle ultime settimane.
Una scelta democratica, ha aggiunto il leader, che in risposta alle osservazioni fatte da Salmond ora promette: «Così come gli scozzesi avranno più poteri sulle loro questioni, ne consegue che gli inglesi, i gallesi e i nordirlandesi devono avere maggiore voce in capitolo sulle loro». Il che, specifica Cameron, implica che così come il parlamento scozzese voterà autonomamente sulle proprie questioni in materia fiscale, spesa pubblica e welfare, così potrà fare anche l’Inghilterra, il Galles e l’Irlanda del Nord.
A prescindere dai risultati, ad ogni modo, la vicenda scozzese è riuscita a smuovere molti sentimenti soprattutto tra i movimenti indipendentisti minori europei. A cominciare dalla Catalogna, scesa in piazza la scorsa settimana per sottolineare il proprio diritto all’autodeterminazione, fino alle realtà minori italiane.
Dal territorio nostrano, avevano infatti attirato l’attenzione dichiarazioni di sostegno da parte di movimenti indipendentisti minori come quello sardo o padano. Due giorni fa un gruppo composto da cinque consiglieri regionali della Sardegna appartenenti al Partito sardo d’azione e al movimento Sardegna Nazione Indipendentizia, si era recato a Edimburgo per un incontro con il parlamento scozzese.
Negli stessi giorni un comitato composto da deputati veneti appartenenti alla Lega Nord aveva manifestato a Montecitorio davanti a Palazzo Chigi, per protestare contro la decisione del governo di vietare un referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto. I deputati citavano la Scozia come esempio di democrazia. All’evento aveva partecipato anche il sindaco di Verona Flavio Tosi, che però aveva specificato: «Sono federalista non secessionista».