Il Patto del Nazareno s’è rotto. O almeno, così dicono. Ieri pomeriggio, dopo l’ufficio (ristretto) di presidenza di Forza Italia, convocato e presieduto ovviamente da Silvio Berlusconi, hanno tuonato le parole di Giovanni Toti: «Il patto del Nazareno è rotto, congelato, finito», alle quali ha immediatamente risposto Debora Serracchiani del Partito Democratico: «Meglio così».
Berlusconi ha specificato il perché: «Un uomo di Stato non deve mancare alla sua parola, deve essere affidabile. E Renzi, come è inaffidabile nei confronti di Forza Italia, lo è nei confronti del Paese». I meno accorti penseranno che, per davvero, per il governo Renzi, ora, è tempo del #cambioverso. La mossa del Cavaliere sembra tanto una ritardataria tattica per tamponare l’orchestra renziana: la dirigenza di Forza Italia ha rassegnato le dimissioni a Berlusconi, ma queste sono state respinte, e l’ufficialità della rottura del Patto con il presidente del Consiglio ha tranquillizzato gli animi del partito, anche se la fronda di Raffaele Fitto ha ostentato solamente un sorriso tirato. Nel frattempo il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi ha confessato: «Se ci ripensano, siamo qui».
La dichiarazione della Boschi svela l’arcano? La rottura del Patto del Nazareno è un bluff? È una risposta tatticista della forza politica uscita sconfitta dalla battaglia del Quirinale? Le prossime settimane restituiranno sicuramente una qualche e prima risposta: martedì prossimo la riforma costituzionale e successivamente la legge elettorale torneranno alle Camere, e saranno da votare, per implementare il loro percorso o per farle cascare nella palude parlamentare. All’oggi, Forza Italia dichiara che voterà solamente quel che la convince, mentre la minoranza Pd festeggia la nuova posizione ipoteticamente agguantata. Spira il dubbio che, dentro questo giochetto in stile Battaglia navale, colui che ne approfitterà sarà Renzi. Anche perché altrimenti l’alternativa più probabile diventerebbe quella di una crisi di governo.