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mercoledì, 11 Dicembre 2024

“Il figlio di Saul”: un film contro l’indifferenza

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di Moreno D’Angelo

Sono tanti i film che hanno raccontato l’olocausto ma  “Il figlio di Saul” pare riuscire   a distanza di 70 anni  qualcosa  di riaprire in modo nuovo l’attenzione e il dibattito  prima della giornata della memoria.  La pellicola ungherese, diretta  del regista esordiente Làzlo Nemes,  descrive quanto succede nell’inferno dei   crematorium di Aushwitz-Birkenau come  protagonisti gli uomini del sonderkommando (ebrei costretti a ripulire le camere a gas e a far sparire montagne di ceneri prima di essere  a loro volta eliminati dopo quattro mesi di lavoro).
Il film, premiato nell’ultimo festival di Cannes e vincitore del golden globe come miglior film straniero,  ha come   attore protagonista  Géza Rohrig , un poeta magiaro dal fare schivo e  pacato, alla sua prima esperienza davanti una cinepresa,  ora oggetto dell’interesse dei media.
Il film inizia con la scena di un gruppo di deportati  che nudi vengono spinti dentro la camera a gas.  Quel delirio di follia umana non ha bisogno di concessioni sul macabro ma resta impresso il rumore dei pugni  quando i deportati si accorgono che stanno per morire avvelenati dal gas. Le continue urla dei nazisti fanno  da contraltare al silenzio del protagonista e dei suoi compagni del sonderkommando.  Più che dialoghi sono bisbigli, sguardi che esaltano la straordinaria interpretazione dell’attore esordiente protagonista della vicenda. La storia si sviluppa intorno al corpo di un ragazzo  a cui il protagonista del film, dopo averlo prelevato dalla camera a gas,(respirava ancora ma fu poi soffocato da un medico nazista)  vuole a tutti i costi dare una dignitosa sepoltura anche ricorrendo alla  preghiera  (kaddish) di un rabbino che cerca disperatamente tra i deportati.  Un modo per descrivere  come anche in  quell’inferno  dove i corpi umani sono chiamati dai nazisti “pezzi” da bruciare e cancellare, qualcuno, anche  non necessariamente religioso,  possa trovare   la forza, correndo tutti i rischi possibili,  di dare tutto se stesso per ridare valore e dignità al corpo di un defunto.   Il corpo di un giovane che il protagonista   vede come un figlio. Lo lava, custodisce  trasporta con se fino all’ultimo questa salma   mentre tutto intorno i corpi sono  umiliati,  cancellati,  smembrati,  bruciati  sia da vivi che da morti dalla follia nazista. Uno sforzo sublime e silenziosi di elevazione e  dignità.

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