di Moreno D’Angelo
Le improvvise dimissioni di Pietro Marcenaro dalla presidenza del Museo Diffuso della Resistenza di Torino hanno riacceso il dibattito sul futuro di questa realtà che da tempo vive tempi non facili e rischia un lento oblio.
Per l’ex sindaco Piero Fassino: «Torino, città medaglia d’oro della Resistenza, non può consentire che il Museo della Resistenza viva in una condizione di precarietà e incertezza». Fassino sollecita istituzioni e società torinese a compiere scelte che consentano al Museo di continuare a svolgere la sua preziosa opera di memoria e testimonianza. «È un appello che mi auguro sia tempestivamente raccolto, tanto più dopo la nascita del Polo del ‘900» precisa Fassino, per il quale è ora indispensabile definire con chiarezza ruolo, funzione e risorse del Museo: «Un dovere morale verso chi ha combattuto per la nostra libertà e verso Torino e la sua storia».
Sulla questione è intervenuto anche il vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte Nino Boeti: «Le dimissioni del senatore Marcenaro, che ha svolto il suo ruolo con passione e competenza, giungono in un momento difficile per il Museo e rappresentano un occasione per riflettere sul ruolo che questa istituzione ha svolto negli anni e sul suo futuro».
Boeti, che è anche presidente del Comitato Resistenza del Piemonte, ha ricordato che nella giornata del 25 aprile centinaia di torinesi hanno varcato la soglia del Museo e partecipato alle iniziative su Franco Antonicelli, dimostrando di apprezzarne la funzione di cerniera tra la Città e la storia del Novecento. Ha poi puntato il dito contro la Giunta guidata da Chiara Appendino «a oggi non sia ancora chiaro se le risorse necessarie siano state reintrodotte e in quale misura nel bilancio del Comune», concludendo con un altra frecciata: «non è neppure chiaro quello che l’amministrazione comunale pensa di questo istituto».