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venerdì, 15 Novembre 2024

Erri De Luca: “Pronto ad andare in galera per le mie idee”

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«Se mi condannano per istigazione alla violenza non farò ricorso in appello. Se dovrò farmi la galera per avere espresso una opinione, allora la farò». Con queste parole Erri De Luca torna a parlare del fascicolo aperto nei suoi confronti dalla Procura di Torino. Il 5 giugno l’udienza preliminare del processo per istigazione al sabotaggio in merito alla questione Tav.
«Non chiederò il rito abbreviato perché preferisco un processo aperto con udienze pubbliche. Non so quanti anni di carcere sto rischiando, non mi occupo di queste cose, ma non voglio sconti di pena». Va dritto per la sua strada, coerente Erri De Luca e ribadisce: «Che la Tav debba essere sabotata perché inutile e nociva è un mio pensiero che continuerò a ripetere. Invece di “sabotata” potrei dire bloccata o impedita, quello è il concetto. Mi contestano il reato di istigazione alla violenza (istigazione a delinquere, ndr), ma è chiaro che mi processeranno per avere espresso una opinione».
Una battaglia, quella dello scrittore, soprattutto per la libertà di espressione: «In aula difenderò il diritto di parola, perché i giudici intendono il verbo “sabotare” in maniera restrittiva, ovvero come danneggiamento diretto. E invece sabotare nella storia ha sempre avuto un’accezione politica: anche gli operai che bloccavano le catene di montaggio sabotavano, pur senza rompere alcun macchinario. È questo il valore principale della parola sabotaggio in Val di Susa: l’opposizione politica all’opera».
Poi Erri De Luca si concentra sull’accusa di terrorismo nei confronti dei quattro No Tav arrestati lo scorso 9 dicembre per un assalto al cantiere dell’alta velocità di Chiomonte, puntando il dito contro una magistratura che, secondo gli attivisti, è sempre più repressiva nei confronti del movimento: «Vi sono quattro giovani che sono accusati di terrorismo perché avrebbero danneggiato un macchinario, ma non sono stati colti in flagranza di reato, bensì con flagranza differita, una delle invenzioni giuridiche di questo strano Paese utilizzata dai magistrati che vogliono rimanere comodi. Siamo al delirio».
Si scaglia dunque contro l’accanimento della Procura che nel giro di quattro anni ha indagato oltre mille persone: «Questa è la punta d’iceberg della repressione attuata da quattro magistrati della Procura di Torino che si occupano esclusivamente dei No Tav. E sono riusciti a fatturare oltre mille incriminazioni, una repressione di massa».
In particolare De Luca si riferisce ai due pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, che hanno intrapreso una sorta di crociata sotto l’egida della grande opera inutile: «Quei magistrati sono diventati partigiani dell’opera, ne hanno sposato la custodia, sono diventati i guardiani dei cantieri e in nome della Torino-Lione reprimono un intero movimento».
Lo scrittore conclude poi ricordando la sua presenza alla manifestazione del 10 maggio a Torino per «chiedere la libertà dei quattro incarcerati. Se qualcuno vuole rivendicare un’azione di sabotaggio diretta, che lo faccia pure. A me non risulta che sia mai stato fatto, tranne il taglio di alcune reti poste illegalmente in alcuni terreni».

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