di Giorgio Merlo
Nel gergo più popolare si potrebbe dire “abbaiare alla luna”; con un termine politicamente più nobile “scarsa, se non nulla, incisività”. Ma, al di là delle parole, un dato purtroppo è indubbio: la sinistra del Pd, la cosiddetta minoranza del Pd, è oggi politicamente inconsistente. E, soprattutto, scarsamente efficace nelle scelte politiche che di volta in volta vengono intraprese dal partito. Una considerazione, questa, che non vuole essere polemica e che non ha l’obiettivo di accusare gli esponenti di punta di quest’area politica e culturale. Intendiamoci. C’è estremamente bisogno nel Pd di una sinistra politica e sociale – plurale si direbbe oggi – soprattutto dopo l’avvento alla segreteria di Renzi e del renzismo che ha spostato, legittimamente, l’asse politico del partito verso il centro. Una marcata e visibile “discontinuità” rispetto alle gestioni politiche precedenti e che fa del Pd, come ormai dicono quasi tutti gli osservatori e i commentatori meno faziosi, un “agglomerato centrista” post-ideoligico e post identitario. Una sorta, cioè, di “partito pigliatutto” che coltiva l’obiettivo di rappresentare istanze sociali, ceti e pezzi di società trasversali sempre meno marcati sotto il profilo politico e culturale e accomunati, semmai, dal giudizio che si dà sulle singole scelte del Governo. E di conseguenza del partito al potere. Non a caso, va avanti da mesi il dibattito sulla trasformazione del Pd da partito di “centro sinistra” o “di sinistra” in “partito della nazione”, cioè in un soggetto politico sempre più indistinto che ha superato la tradizionale ed antica dicotomia tra destra e sinistra.
In un quadro del genere, la presenza di una sinistra interna politica e sociale – a prescindere che sia in maggioranza o in minoranza – non faziosa e non nostalgica, dovrebbe essere non solo utile ma anche indispensabile al fine di conservare, per quel che è possibile, la natura e il profilo di un partito di “centro sinistra”. Ma è proprio su questo versante che la spinta politica di quest’area si è progressivamente spenta. E non lo dico io. Ma è difficile, francamente, registrare oggi un commento, un giudizio, un articolo o una riflessione di qualsivoglia osservatore – di qualunque orientamento politico e di qualsiasi estrazione culturale – che individua nella sinistra Pd una componente importante che svolge un ruolo politico significativo e capace di condizionare l’elaborazione complessiva del partito. Quasi tutti, se non tutti, quando parlano della sinistra Pd si limitano alla medesima considerazione: e cioè, una componente che sbraita sino alla vigilia di una scelta politica importante e poi, puntualmente, ammaina le bandiere e scompare dall’orizzonte. Appunto, “abbaia alla luna”.
Ora, se non ci si vuol rassegnare ad un destino che rischia di essere già scritto in anticipo, forse è opportuno rivedere la strategia, l’iniziativa, la proposta e il comportamento di quest’area all’interno del Pd. Nel rispetto del principio di maggioranza, come ovvio, e nella lealtà che deve sempre contraddistinguere la presenza di una componente all’interno del partito, però o si cambia marcia o si dichiari che la minoranza nell’attuale Pd è un ferrovecchio da gettare alle ortiche. L’unica cosa sicura, e certa, è che non si può proseguire sulla strada che sino ad oggi si è intrapresa. Perché, per dirla con il leader della “ditta”, Bersani, fare “l’ultimo dei “mohicani” nel Pd è più una prospettiva solitaria e singola che collettiva. È bene pensarci bene prima che sia troppo tardi.