Riceviamo e pubblichiamo:
Non è vero che la Askoll P&C di Castell’Alfero sia un’azienda che, pur chiudendo i conti in utile, intende delocalizzare semplicemente per avere maggior profitti. Askoll P&C ha chiuso i bilanci degli ultimi anni in forte perdita, le perdite accumulate nel corso degli ultimi 5 anni (dal 2009 al 2013) ammontano ad oltre 35 milioni di euro.
Il budget 2014 e i piani pluriennali aggiornati con le ultime previsioni di vendita evidenziano, almeno fino al 2017 ulteriori ingenti perdite. L’esposizione finanziaria complessiva a fine periodo è stimata in 23 milioni di €, insostenibile per la sopravvivenza dell’intero gruppo Askoll.
L’azienda, prima di decidere la cessazione dell’attività ha valutato attentamente qualsiasi forma di ristrutturazione tendente a raggiungere l’equilibro economico-finanziario di Askoll P&C. E’ evidente che non sussistono concrete prospettive di recupero di tale equilibrio. Il piano industriale, basato su ipotesi ottimistiche e già in possesso delle organizzazioni sindacali, evidenzia la sua insostenibilità.
Askoll ha valutato attentamente tutte le proposte di sostegno da parte delle istituzioni. Le proposte avanzate si riferiscono sostanzialmente a eventuali contributi su nuovi investimenti in ricerca e sviluppo e su progetti innovativi, tuttavia:
· nessun investimento in ricerca e sviluppo potrebbe modificare la redditività dei prodotti attuali che è insufficiente a coprire i costi fissi e gli ammortamenti conseguenti ai già importanti investimenti fatti nel corso degli ultimi anni;
· l’eventuale contributo da parte delle istituzioni andrebbe a coprire solo una parte (10-15%) dei costi per eventuali nuovi progetti.
Il problema di Askoll P&C deriva dall’impossibilità di raggiungere l’equilibrio economico finanziario attraverso la gestione caratteristica dell’azienda stessa. Con tali presupposti, la cessazione dell’attività nello stabilimento di Castell’Alfero rimane l’unica strada percorribile. Data la situazione l’azienda ritiene che, chiunque chiamato a risolvere il problema, inclusi eventuali curatori, amministratori o commissari straordinari, incontrerebbe le stesse insormontabili difficoltà.
La chiusura non è sicuramente parte di un disegno di delocalizzazione e ne è prova concreta la mole degli investimenti degli ultimi anni in Askoll P&C (circa 25 milioni di euro in 5 anni) in innovazione di prodotto e di processo per cercare di mantenere la competitività e garantire la sopravvivenza della società.
Purtroppo gli investimenti fatti non hanno dato i risultati attesi e sperati. Le cause sono da ricercare in particolare nella crisi che ha colpito il mercato dell’elettrodomestico europeo impattando fortemente sia sui volumi sia sui prezzi di vendita, entrambi in forte contrazione. Tali motivazioni sono state oggetto di condivisione e analisi congiunta con RSU ed organizzazioni sindacali in tutti gli incontri tenutisi nel corso degli ultimi anni.
Che gli investimenti sopra menzionati e i tentativi di salvaguardare la competitività dello stabilimento siano oggi messi in discussione dalle OO.SS della Provincia di Asti e dalle RSU di Castell’Alfero stupisce, dato che i percorsi seguiti fino ad oggi – inclusi i ricorsi agli ammortizzatori sociali – sono sempre stati formalizzati nei verbali di accordo sottoscritti dalle parti, sindacati inclusi.
Per i 150 dipendenti interessati dall’attuale procedura di licenziamento avviata lo scorso 25 febbraio 2014 (150 e non 220), l’azienda si rende perfettamente conto della drammaticità della situazione da essi vissuta, delle difficoltà economiche e di ricollocazione. Proprio con l’intento di attenuare tale situazione, l’azienda ha più volte offerto ai sindacati di esaminare le misure di accompagnamento volte a fronteggiare sul piano sociale le conseguenze della cessazione dell’attività e facilitare la riqualificazione del personale. Incentivi all’esodo, processi formativi, supporto alla ricollocazione, integrazione di una parte dei dipendenti in altre società del gruppo non sono stati argomenti di discussione accettati dalle organizzazioni sindacali, rigide nella loro pretesa di mantenere in funzione il sito produttivo e continuare ad oltranza le agitazioni in corso.
La prosecuzione a oltranza del blocco delle forniture dura da più di 30 giorni e rischia di gettare l’azienda in una situazione disastrosa e di insolvenza, travolgendo qualsiasi possibile misura a beneficio dei dipendenti, oltre che danneggiare i clienti, i loro dipendenti, l’intero indotto e – infine – le altre aziende del gruppo Askoll. Inoltre, assenti concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico-finanziario, difficilmente si potrebbe accedere alla CIGS prevista per le procedure concorsuali.
I tempi stringono. Oggi ci sono ancora i presupposti per affrontare la discussione con razionalità, tutelando senz’altro i lavoratori, con una chiusura “in bonis” che garantisca ai dipendenti di Askoll P&C gli stipendi fino alla cessazione, il rapido pagamento del TFR e l’erogazione di un incentivo all’esodo da concordare, oltre a misure di formazione e supporto alla ricollocazione.
In caso contrario ci sarà spazio solo per un tracollo, di cui ciascuno si assumerà le proprie responsabilità, fermo restando che chi, con azioni o omissioni, avrà concorso a tale tracollo, ne risponderà avanti le opportune sedi.