Avrebbe preso in braccio la bambina, che poi sarebbe sarebbe caduta giù. Questa è la terribile ipotesi degli investigatori che hanno sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, Azhar Mohssine, 32 anni, compagno di Lucia Chinelli, 41 anni, mamma della piccola Fatima Skika, la bimba di 3 anni precipitata ieri sera da un balcone del quarto piano di un palazzo di via Milano 18 a Torino, a pochi passi da Porta Palazzo e da Palazzo di Città. La piccola non ce l’ha fatta ed è morta questa mattina all’ospedale infantile Regina Margherita.
Per gli investigatori della Squadra Mobile, guidata da Luigi Mitola, e coordinati dalla pm Valentina Sellaroli, gli elementi acquisiti e le testimonianze raccolte nelle prime fasi investigative hanno portato ad una ricostruzione di quanto accaduto: Fatima non sarebbe caduta accidentalmente perché si era sporta da sola dalle ringhiere dal ballatoio, ma sarebbe stata uccisa. Secondo gli inquirenti l’uomo avrebbe avuto la bimba in braccio, che sarebbe caduta nel vuoto, forse mentre lui parlava con la madre dal balcone. Per ripercorrere la terrificante vicenda bisogna tornare a ieri era. Quando, intorno le 21.45 di ieri sera, Stefania una ragazza che lavora inella panetteria Il panificio della Basilica che condivide il cortile con lo stabile di via Milano 18, sente un tonfo. “Avevo appena finito il mio turno – racconta in lacrime – stavo svuotando il secchio di acqua per le pulizie fuori come faccio ogni sera. Ho sentito delle voci in lingua straniera di uomo e una donna che gli rispondeva in italiano, sembrava una discussione ma non un litigio”. “Poi sono rientrata e ho sentito come un boato, come fosse una cassa d’acqua che cadeva. Sono uscita per dire loro di abbassare la voce e quando ho aperto la porta ho trovato la bambina per terra che respirava con affanno e ho chiamato subito i soccorsi. Ho coperto la piccola con una giacca perché era molto fredda”. La mamma, continua nel racconto Stefania, “è scesa e si è butta per terra nel frattempo il ragazzo (Azhar Mohssine, ndr) è sceso anche lui e ripeteva ‘la mia bambina, la mia bambina’. Fatima viene trasportata al Regina Margherita, ma le condizioni sono gravissime: lesioni multiple al torace e al cranio, lesioni multiple alle ossa. Nella notte un’equipe di neurochirurghi la operano, ma nonostante l’intervento Fatima non ce l’ha fa. Intanto in Questura nella notte vengono ascoltati la mamma e Mohssine. L’uomo vive in un appartamento al quinto piano dello stesso palazzo di Lucia e Fatima ed era da poco che aveva una relazione con la 41enne. Ieri mattina il Tribunale lo aveva condannato a otto mesi con rito abbreviato per il possesso di una cinquantina di grammi di hashish. Quando la polizia arriva in via Milano l’uomo appare visibilmente ubriaco. Agli agenti chiede una sigaretta, inizia ad urlare e sputa contro i poliziotti. Il marocchino batte i pugni contro il finestrino della volante, mentre è seduto nel sedile posteriore dall’auto parcheggiata davanti al portone. Continua a gridare che vuole uscire dall’auto “altrimenti ve la spacco” e che lui è già stato in carcere e che “le leggi italiane fanno schifo”. “Mi sento in colpa per quanto successo, non sono stato attento” così in lacrime ha detto questa sera ai magistrati che lo interrogavano Mohssine, assistito dall’avvocato Alessandro Sena. “Per me quella bambina era come una figlia. Le volevo tanto bene e anche lei ne voleva a me”. Infine l’uomo avrebbe detto che non aveva esagerato nel bere ma di aver perso la lucidità quando si è accorto di quello che è successo e ha visto la bimba caduta. Secondo il suo avvocato Mohssine avrebbe scoperto che la bimba era morta quando è stato portato in procura questo pomeriggio. Il cortile di via Milano sembra gigantesco se si osserva il punto esatto dove è caduta Fatima. Proprio lì qualcuno ha depositato un mazzo di rose, con un biglietto con su scritto: “Ciao piccola, ora gioca felice con gli altri angeli. Rimarrai sempre nei nostri cuori”.