Sei mesi di carcere per oltraggio a pubblico ufficiale: è la pena richiesta dal pubblico ministero Nicoletta Quaglino per l’attivista No Tav Marco Bruno, che il 28 febbraio 2012 aveva apostrofato un carabiniere con l’epiteto “pecorella” durante una manifestazione in Val Susa. Il filmato dell’accaduto, registrato da una troupe televisiva, divenne immediatamente virale e fece molto discutere. Nel video si vede l’imputato, ora 29enne, mentre fronteggia i brigadieri Alessandro Macrì e Stefano Fadda, che non reagiscono.
Bruno, che è assistito dall’avvocato Claudio Novaro, si è difeso dicendo di essere stato esasperato i giorni dell’accaduto. «Luca Abbà, che è amico dell’imputato, era da poco caduto da un traliccio – ha infatti spiegato il legale durante il processo – e anche questo, ad esempio, è importante per capire lo stato emotivo di Bruno quel giorno». Lo stato emotivo del giovane attivista quindi sarebbe stato anche condizionato da quella vicenda, soprattutto considerando che, al momento dei fatti, le condizioni di Abbà, rimasto folgorato dall’alta tensione, erano molto gravi.
Più di due anni dopo, comunque, Marco Bruno rischia sei mesi di carcere, mentre i due militari hanno ricevuto un encomio solenne dall’Arma per essere rimasti impassibili. A pesare sulla richiesta di pena, probabilmente, è anche la testimonianza di un uomo che aveva sostenuto che dopo l’incidente Abbà era rimasto mezzora a terra senza ricevere soccorsi. Testimonianza su cui il pm Quaglino ha avanzato pesanti dubbi durante la requisitoria, ritenendola «palesemente infondata».
©RIPRODUZIONE RISERVATA