Da Porta Susa ai portici di via Sacchi e di via Roma. E’ stata una serata speciale per gli studenti dell’istituto Albert di Lanzo, coinvolti in una operazione di solidarietà verso i tanti che dormono e bivaccano nei pressi della stazione e sotto i portici del centro di Torino.
I giovani si sono impegnati per una notte nei “giri” che da tempo l’associazione Progetto Leonardo organizza per offrire calore, carezze, ascolto e non solo cibo a tanti disperati.
Per i ragazzi che hanno mostrato molto entusiasmo e attenzione nell’impegnarsi a consegnare le vivande ed il tè caldo, per loro vi sono stati anche veri e propri momenti di lezioni improvvisate di solidarietà e saggezza.
Eusapia Iezza, detta Tina, ex bancaria in pensione da anni, punto di riferimento nell’impegno verso i senza fissa dimora a Torino, ha detto ai ragazzi: «Queste persone possono dare molto se ci accosta con rispetto. Vogliono e cercano dignità prima che cibo». «Noi – spiega – non ci dimentichiamo del loro compleanno portandogli una torta ed un abbraccio».
Tina sempre sorridente ed estremamente decisa nell’organizzare e coordinare i gruppi volontari del Progetto Leonardo compiendo dei piccoli miracoli. Alcuni di questi homeless, tanti li conosce per nome, sono diventati volontari e sorpredentemente degli homeless, dopo essersi ristorati, hanno seguito il gruppo nel loro giro. Tina per loro è un amica. E’ una che si preoccupa se devono fare una visita medica. Se hanno un problema. Cerca una soluzione anche abitativa ed è in prima linea per rispondere ad uno sfratto che spesso pende sui pochi che hanno una stanza: «Il nostro obiettivo è bussare ovunque per trovare sistemazioni per queste persone. Vi sono molti stabili in giro disabitati ed alcun homeless potrebbero un giorno essere impegnati nell’organizzarsi per ristrutturare e operare manutenzioni ritrovando un ruolo una dignità che solo il lavoro, il sentirsi impegnati può restituire».
Passando in via Roma il gruppo si è incontrato con i volontari della Chiesa San giuseppe di Collegno, anch’essi da tempo presenti nelle strade per dare una mano ai senza fissa dimora. Uno dei responsabili di questo gruppo, Tony Di Martino, si è rivolto ai ragazzi con queste parole: «C’è molto da imparare da queste persone. Da loro si possono avere delle vere lezioni di vita».
Queste esperienze di solidarietà didattica sono anche merito del professor Claudio Torrero che si è speso affinchè gruppi di suoi allievi possano vivere queste esperienze.
Il giro è partito non casualmente da uno dei punti simbolo della solidarietà sotto la Mole: il Cottolengo.
Nota non troppo simpatica è la mancata disponibilità o la freddezza di alcuni bar a cui ci si erano rivolti i volontari per avere per qualche minuto un tavolino per posare le vivande e qualche forchetta per poter meglio servire gli homeless nelle improvvise mense volanti sotto i portici del centro. «Ma non è sempre così» ci preme a sottolineare la Iezza, sempre pronta a intesserere reti di positività e concretezza su sterili polemiche che spesso caratterizzano anche il mondo associazioni di volontariato.
Da sottolineare come ascoltando le storie di alcuni “invisibili” emerga che la loro scelta di vivere in strada non è solo legata a fattori economici ma più a disagi familiari e personali. Situazioni particolari che li hanno condotti alla solitudine. Al perdersi. Non a caso citano spesso parenti con cui hanno chiuso ogni dialogo. Alcuni di loro non sono poveri e non sono indigenti ma soffrono e si ammalano e rischiando anche di morire in strada.
Molti di quelli incontrati trovano accoglienza nelle tende dell “emergenza freddo” da anni aperte dal Comune nei parchi torinesi.
Piero (nome di fantasia), un uomo siculo con pochi denti che dimostra molti più degli anni che ha , ci dice con calma e risolutezza : «Il mondo della strada è diventato meno solidale. Vi sono persone amiche che condividono un pezzo di pane secco ma anche gente che è capace di rubare una coperta a chi vive la sua condizione. L’alcool il cartone di vino non risolvono il problema del freddo e possono scatenare nervosismo e tensioni». Tra gli homeless diversi rumeni. Al gruppo si è aggiunto qualche giovane ragazzo infreddolito venditore di rose di origine bengalese. «Quello che faccio lo faccio per me stessa. Questo aiutare riempe il cuore ed a voi ragazzi auguro principalmente di imparare a stare bene con voi stessi, anche aiutando quei disperati che dormono nei sacchi a pelo, cui date uno sguardo distratto mentre fate le vostre “vasche” per il centro con gli amici». Con queste parole di Tina si chiude la lezione. I ragazzi in coda trasportano un grosso contenitore di vivande azzurro ormai vuoto. Il giro è finito.
Un esempio di vera solidarietà. Queste associazioni citate non hanno nemmeno una sede, non sono a caccia di soli finanziamenti. Sono un gruppo di amici che trova nell’aiuto concreto a queste persone in difficoltà l’unica missione. «Più che una casa cerchiamo un magazzino per sistemare il materiale sacchi a pelo, vivande e oggetti che doniamo ai nostri amici di strada ed ora occorre impegnarsi per trovare case, alloggi, ambienti che possano accogliere persone e piccoli gruppi di homeless per andare oltre questa continua emergenza che sembra irrisolviibile», conclude la Iezza con un sorriso.
Moreno D’Angelo
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