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venerdì, 18 Ottobre 2024

Trecate e razzismo: minacce di morte per la Giunta comunale

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

È arrivata anche in Parlamento la vicenda delle minacce all’amministrazione comunale di Trecate che ha ricevuto tramite Facebook da alcuni cittadini dopo la notizia dell’accoglienza in città di nuovi profughi. Minacce inequivocabili, racchiuse in un post, all’interno di un pagina Facebook dedicata al paese: «È la volta buona che sparo a vista, punto pure all’amministrazione».
I messaggi sul social network sono stati segnalati ai Carabinieri, Poi da Roma la senatrice del Partito Democratico Elena Ferrara, componente della commissione parlamentare d’inchiesta sulle intimidazioni agli amministratori locali, parla di quanto accaduto: «L’episodio riportato dalle cronache odierne non è, purtroppo, il primo che si registra sul nostro territorio, peraltro rimandando ancora una volta a tensioni, conflitti sociali ed intolleranze. Per questo ho voluto manifestare personalmente al sindaco Enrico Ruggerone e alla Giunta la mia solidarietà, ribadendo la piena condivisione sulle importanti politiche di inclusione messe in atto dal Comune: traguardi da cui non possiamo retrocedere», ha detto la senatrice.
Ma intanto tra i 20 mila abitanti della cittadina alle porte di Novara la questione continua a tenere banco. In particolare sul gruppo Facebook “Sei di Trecate se..”, creata da Alessandro Panca, vicino alla Lega Nord, da dove sono partite le minacce.
«È la volta buona che sparo a vista, punto pure all’amministrazione» aveva infatti scritto un utente infuriato contro la politica di accoglienza dell’amministrazione locale anche se il commento è ora stato rimosso dagli amministratori della pagina.
Una vicenda che può stupire, ma che forse è meno preoccupante di quella che è la realtà, ben peggiore a Trecate. Già, perché quei caratteri digitati su una tastiera altro non sono che la trasposizione di un pensiero più profondo che aleggia tra le vie di questo paesone, praticamente periferia di Milano, più lombardo che piemontese.
Un misto di paura e sospetto per chi è diverso e che spesso sfocia in un vero e proprio odio.
I trecatesi dalla loro hanno di sicuro un tasso di criminalità molto elevato e che negli anni è cresciuto tanto da far conquistare alla cittadina la medaglia d’oro della provincia per il numero di reati commessi nell’anno.
Così come la pessima gestione di molte amministrazioni passate che hanno pensato di più a speculare sull’edilizia e sul territorio piuttosto che al benessere della cittadinanza.
Eppure non può bastare quello a giustificare il clima di intolleranza che si respira tra le vie di Trecate. Né certi sfoghi su Facebook che sebbene dai toni più velati si schierano sulla stessa linea di chi non ne può più di “quella babilonia di lingue che si sente per le strade”, “di non poter girare di sera” e così via. Al punto che i giovani hanno creato un comitato per una “Città Sicura”, preferendo un gazebo in piazza Cavour la domenica pomeriggio anziché darsi da fare per attività aggregative che rendano Trecate non solo un paese dormitorio.
Di sicuro sarebbe bello che facessero qualche chiacchiera con gli anziani, la vera (non quella di un social network) memoria storia di Trecate. Quei pochi che ancora possono ricordare come in un paese la cui economia allora era prevalentemente basata sul riso si guardasse con diffidenza alle mondine solo perché molte di loro arrivavano da fuori, sfruttate come sono sfruttati gli immigrati. E fino a qualche anno fa le vecchiette sulle panchine distinguevano con toni razzisti i passanti tra “trecatesi” e “terroni”. A scacciare il sentimento di essere colonizzati dalle persone provenienti dal Meridione, sono stati gli immigrati che a seconda del periodo sono stati genericamente “albanesi”, “rumeni”, “gente dell’est” e poi “marocchini”.
Fino a qualche anno fa si salvavano solo i cinesi per il ristorante di via Matteotti, poi sono arrivati troppi bazar a rovinare gli affari dei negozi.
Trecate specchio di ogni periferia d’Italia, dove gli “albanesi rubano” e i “rumeni sono criminali”, ma poi non si rinuncia alla signora delle pulizie, “la donna che stira”.
Trecate terreno fertile per gli odi leghisti: un anno fa ci fu una raccolta firma dei padani per vietare che venisse costruita una moschea in paese. Peccato che nessuna giunta comunale avesse votato per realizzarne una. Neppure in consiglio se ne era parlato. Trecate dove alcuni ragionano ancora che “meglio apparire che essere”.
Trecate come l’Italia più becera in cui si ha il tempo per lamentarsi sui social network ma non per cambiare le cose, tanto nella quotidianità “ci sia aiuta tra di noi”. Logicamente basta essere “bianchi, padani e trecatesi”.
A rendere Trecate “invivibile” non sono stati i profughi accolti giustamente dalla Giunta comunale, oggi minacciata dalla follia dei vigliacchi xenofobi, ma sono molti suoi cittadini e la loro ignoranza, la lotta al diverso.
Molti di loro sono il vero ostacolo per far fiorire un vecchio paese i cui abitanti avevano un tempo sotto la suola degli stivali fango, sudore e letame, ma che in pochi anni, si stava trasformando in una moderna città.
I nemici di Trecate sono loro, come è colpevole il silenzio verso i grandi speculatori edilizi, che vengono chiamati e ossequiati quando l’incontri per strada. Quelli che alcuni invidiano per le ville e le automobili. Peccato che spesso e volentieri i nomi di quegli illustri finiscano in procura perché indagati!
Molti trecatesi su Facebook in fondo non possono che piangere se stessi…

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