“Come fiori tra l’asfalto”, così canta Elisa in una sua canzone evocando l’immagine della forza e della delicatezza dei fiori di città. Città sempre più metropolitane, cosmopolite ma anche sempre più grigie. Fortunatamente però, non solo fiori e fili d’erba si affacciano coraggiosi tra le strade e i palazzi torinesi.
Alzando gli occhi al cielo non è difficile notare terrazzi fioriti e piante rampicanti che di anno in anno combattono il freddo dell’inverno del nord e il caldo afoso delle estati di città, ma le sorprese dei condomini non finiscono qui.
Sbirciando tra terrazzi e garage interni spuntano infatti piccoli orticelli urbani, forse di anziani torinesi che per occupare le loro giornate si divertono a curare minuziosamente, con la poesia di un tempo. Ma con sorpresa, tra i giardini verticali che tanto vanno di moda negli ultimi tempi ecco che tra i palazzi del quartiere San Paolo, all’ombra del palazzo Lancia e degli scheletri delle fabbriche dismesse, compare addirittura un vitigno, piccolo ma rigoglioso.
Inizialmente sembra quasi stonare quel verde intenso tra i panni stesi dei balconi circostanti e il profumo di bucato fresco che va a mescolarsi con quello della terra, punge nel naso di chi lo respira.
Viene naturale immaginare la storia di quelle viti, come siano nate sul quel terrazzo, circondate dal cemento e dall’aria in certi giorni irrespirabile, mista a smog e amianto. Forse chi se ne prende cura è un anziano, un pensionato, forse un ex dipendente Fiat che chissà, dopo anni di estenuante e monotono lavoro in fabbrica è riuscito a tornare a quella che era la sua vera passione, il suo primo amore.
Perché Torino è anche questo, unione più che contrapposizione tra nord e sud. Città operaia fatta in gran parte da contadini immigrati trasformati per necessità in operai che non possono e non vogliono dimenticare da dove sono partiti e che adesso, al tramonto di una vita di sacrifici non resta che sperare in un’ottima annata.
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