La battaglia politica e legale, quindi finanziaria, sul debito argentino continua. Dopo la seconda bancarotta del paese sudamericano, avvenuta sul finire dello scorso luglio, il Senato argentino ha approvato la proposta del governo che prevede il trasferimento dei titoli di Stato dalla legislazione americana a quella argentina. L’obiettivo di Cristina Kirchner è uscire dal vicolo cieco che ha fatto ripiombare il Paese nell’ennesima crisi del debito, pagando gli interessi ai creditori in possesso di bond ristrutturati. Per i fondi speculativi, i cosiddetti “hedge ribelli”, questa sarebbe però una “violazione della sentenza” della Corte suprema americana.
La sentenza proibisce qualsiasi versamento finché Buenos Aires non avrà prima rimborsato 1,6 miliardi di dollari ai fondi speculativi che non hanno accettato i titoli ristrutturati. La Casa Rosada ha già depositato oltre 500 milioni di dollari nei forzieri della Bank of New York Mellon per gli obbligazionisti che, nel 2005 e nel 2010, hanno accettato lo sostituzione dei titoli in default con bond a rendimenti inferiori e a scadenza più lontana nel tempo, ma questi sono stati finora bloccati. Il governo argentino con il tentativo di nazionalizzazione del debito, per aggirare la sentenza americana, ritiene di poter uscire dall’angolo nel quale si trova: la legge sul cambio della legislazione è stata approvata dal Senato e dovrà ora essere sottoposta al voto della Camera. Nelle prossime due settimane si capirà se la scorciatoia progettata avrà modo di diventare realtà.