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giovedì, 24 Ottobre 2024

Stefano Lo Russo (PD), Fase due: “Necessario riprogrammare la città”

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Rosanna Caraci
Rosanna Caraci
Giornalista. Si affaccia alla professione nel ’90 nell’emittenza locale e ci resta per quasi vent’anni, segue la cronaca e la politica che presto diventa la sua passione. Prima collaboratrice del deputato Raffaele Costa, poi dell’on. Umberto D’Ottavio. Scrive romanzi, uno dei quali “La Fame di Bianca Neve”.

Ripartire, riprogrammare, digitalizzare favorendo l’alfabetizzazione informatica di quelle fasce culturali e anagrafiche che hanno più difficoltà a rapportarsi attraverso la tecnologia con l’amministrazione  e con la realtà quotidiana. Esaminare i trasporti cittadini, studiando flussi e tappe a maggior concentrazione. Questa è la fase due vista da Stefano Lo Russo, capogruppo del Partito Democratico in comune a Torino, che analizza le possibilità di ripresa della città dal lockdown, con la certezza che la transizione sarà prolungata nel tempo e che cambierà in modo strutturale e radicale molti dei nostri comportamenti abituali.

“E’ evidente che sarà necessario  stipulare protocolli di sicurezza che consentano la ripresa più generalizzata della nostra città. A me pare che in queste settimane ci sia stata una notevole attenzione nello sviluppo di quelli che riguardano le attività produttive inerenti la manifattura, con esami approfonditi dei cicli e dei processi di lavorazione. Credo però che altri aspetti della vita della nostra società che sono altrettanto importanti anche se secondo qualcuno“non fanno Pil”, avrebbero meritato un analogo grado di attenzione”.

E’ l’osservazione mossa da molti che riprenderanno il lavoro dal 4 maggio e che, a scuole chiuse, non sanno a chi affidare i propri figli. Se è vero che lo Stato non è un baby sitting è pur vero che il welfare negli ultimi decenni si è strutturato su alcuni cardini che oggi rischiano di saltare. Che ne pensa?

“Questo tema mette in grande evidenza un’importante criticità che avremo alla chiusura di questo anno scolastico quando, di fatto, i nostri ragazzi non avranno più le loro giornate scandite dai tempi della didattica a distanza, Se non ce ne si occupa, saranno di fatto lasciati a loro stessi. Soprattutto nel momento in cui le attività produttive ripartono: i genitori, che in questi mesi li hanno seguiti condividendo tempi e spazi nell’emergenza, non ci saranno. Questo è un nodo sociale gigantesco che va affrontato in modo adeguato”.

Viene fatto?

“A mio parere nel dibattito politico e istituzionale non adeguatamente. Spero che su questo, il Governo cambi decisamente rotta e si occupi di analizzare, con impegno e molta attenzione ai dettagli, quelli che devono essere i protocolli sanitari per mettere in sicurezza i nostri bambini anche nelle attività di questa estate che non possono essere banalmente cancellate e annullate ma devono essere svolte”.

Perché? In fondo è il modo più pratico per evitare il rischio di assembramenti.

“La cancellazione o l’annullamento delle attività estive per i bambini non solo produrrebbe su di loro un senso di abbandono, ma aggraverebbe l’effetto sociale già sofferto con la traumatica esperienza della didattica a distanza in questo anno scolastico, inserita bruscamente. Creerebbe dei problemi enormi alle famiglie che ovviamente si troverebbero da sole a gestire situazioni molto complesse”.

E non possiamo contare sui nonni perché dobbiamo proteggerli da possibili contagi.

“Questa emergenza sanitaria come sappiamo colpisce con maggior pericolosità le persone in età avanzata, e sappiamo quindi già prima che anche le reti familiari che in qualche modo da sempre hanno supplito all’assenza di iniziative organizzate durante le nostre estati, potranno risentirne. Di qui, la priorità: occuparci in modo strutturato del tempo dei nostri figli durante l’estate dando una prospettiva certa ai bambini e alle loro famiglie”.

La “didattica a distanza” è entrata nella vita delle famiglie e degli studenti, soprattutto dei più piccoli, a gamba tesa. Non si era preparati abbastanza. Come ha reagito la scuola?

“La scuola pur essendo stata presa in contropiede ha reagito in modo efficace stante le condizioni date e la didattica a distanza, pur con tutte le difficoltà e i ritardi di avvio, ha funzionato quasi ovunque. Purtroppo questo modo di erogare l’attività formativa rischia di non raggiungere le fasce di ragazzi più fragili e questo è un grande tema di uguaglianza di diritti che dovrà essere affrontato in modo deciso anche a emergenza finita. Auspico che la scuola possa, nella sua riflessione strategica e prospettica, lavorare affinché la didattica a distanza possa comunque consolidarsi anche individuando forme di incentivazione e accompagnamento per i docenti”.

Tutto cambierà, anche il modo di muoversi in città. Torino è pronta ad affrontare una vera rivoluzione tra orari, rischio di assembramenti, percorsi tra centro e periferia?

“Questo cambiamento, che potrà diventare anche permanente, deve essere basato su analisi tecniche approfondite trasportistiche e ambientali e non su presupposti ideologici. E’ chiaro che quello dei trasporti è un sistema che andrà modificato agendo su più piani. Il primo è quello della riprogrammazione dei tempi della città: quello che oggi la tecnologia permette di fare molto bene è capire quali sono i flussi reali di persone che si sviluppano nell’area urbana. Chi si sposta, dove e quando. Alcuni di questi sono inevitabili e tendono a concentrarsi in determinati orari, altri sono quelli mossi dai tempi di vita di Torino. Il primo step importante sarà  fare una verifica su quelli che sono i tempi di funzionamento della città, che laddove possibile dovranno essere rimodulati, così da contribuire alla riduzione della concentrazione delle persone”.

Il servizio pubblico così come oggi, è sufficiente?

“Per garantire il distanziamento fisico e assicurare il servizio occorrerà aumentare il numero di mezzi. Questo è il secondo piano su cui operare: potenziare il servizio pubblico soprattutto dopo aver identificato quali sono i percorsi che fanno registrare la maggiore affluenza delle persone”.

Dovremo educare noi stessi a una diversa mobilità?

“Il terzo aspetto da analizzare è quello relativo alla modalità che hanno i torinesi di spostarsi. Per ancora un po’ di tempo credo sia opportuno garantire l’accessibilità veicolare dell’intera città, cercando di incentivare progressivamente la mobilità ciclabile. E’ evidente che la mobilità individuale su due ruote assume nel contesto della fase 2 non solo una valenza ambientale ma anche un contributo all’alleggerimento del traffico. In questo ci aiuta la bella stagione in arrivo”.

C’è il nodo delle risorse.

“Dovranno essere recuperate, oltre attraverso diversi tipi di economie, chiedendole al Governo. Risorse “dedicate” a questo aspetto dovranno essere garantite per consentire la riprogrammazione della vita della città”.

Rivedere il nostro modo di spostarci, a piedi, in bici, in auto o sui mezzi pubblici, implica anche il contenimento degli spostamenti stessi. Ciò comporta però che la Città metta a disposizione del cittadino ciò che serve in modo prossimo, decentrato. Se non devo spostarmi, devo avere il servizio vicino casa. Dev’essere rivisto l’attuale decentramento?

“E’ evidente che da un lato dobbiamo garantire l’efficienza dell’amministrazione, dall’altro la maggiore fruibilità possibile dei servizi, senza costringere i torinesi a spostarsi. Alla luce di quanto successo in queste ultime settimane, la riprogrammazione dei servizi essenziali, quali quelli anagrafici o culturali, è un tema essenziale. Insieme a questo, deve essere affrontato il tema della digitalizzazione”.

Digitalizzare i servizi rendendoli fruibili on line potrebbe essere parte della soluzione ma cosa ne penseranno coloro che non hanno le conoscenze adeguate o che per età hanno delle naturali resistenze al computer?

“Sarà fondamentale accompagnare la digitalizzazione anche in termini formativi. Per molti c’è fatica culturale ad avvicinarsi ai servizi digitalizzati e credo che occorra mettere in campo, per questo, una strategia di miglioramento delle conoscenze informatiche più pervasivo nella popolazione torinese. La proposta concreta potrebbe essere quella di coinvolgere gli studenti del Politecnico e l’Università che ne avessero voglia in un’azione organizzata di accompagnamento dei cittadini più anziani alla scoperta delle tecnologie necessarie per accedere ai servizi. Se ben presentata e organizzata, nei centri di incontro degli anziani sparsi nella città credo che potrebbe essere una proposta accolta con entusiasmo”.

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