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giovedì, 24 Ottobre 2024

Spataro incontra Giulia, aggredita e insultata su un bus da un razzista

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

Il 10 novembre scorso una minorenne è stata aggredita su un bus cittadino con insulti razzisti (“Negra di m…, è inutile che vai a scuola tanto finirai sulla strada, tornatene al tuo Paese”) e presa a calci. Ancora non si conosce l’identità dell’aggressore, un uomo sui 60 anni, per il quale l’ipotesi di reato è violenza per motivi razziali. Intanto però il procuratore capo della Repubblica Armando Spataro con altri magistrati ha voluto incontrare nel suo ufficio Giulia (nome di fantasia) e i suoi genitori per rassicurarla che le indagini stanno andando avanti e che si farà di tutto per individuare il colpevole. Spataro ha regalato a Giulia una immagine simbolica, una foto da cui Norman Rockwell ha tratto la sua storica illustrazione “The Problem We All Live With” del 1964.
La speranza degli inquirenti è che si possa arrivare a individuare l’autore dell’aggressione e che qualche testimone si faccia avanti.
Di seguito pubblichiamo la lettera che il procuratore Spataro ha scritto a Giulia:

Cara Giulia, ti prego di concentrarti solo per pochi minuti su questa immagine

di Armando Spataro *

È il poster di The Problem We All Live With (1964) di Norman Rockwell che è appeso a una parete del mio ufficio e che ho com­prato negli Stati Uniti, a Washington, nel settembre del ’94, dopo averne visto l’originale nella sede del Marshals Service, la più an­tica agenzia federale degli Stati Uniti, più antica ancora dell’Fbi e della Cia. Il Marshals Service si occupa, tra l’altro, di dare esecuzione alle sentenze della Corte Suprema. Proprio a questa competenza si riferisce l’omaggio di Rockwell, pittore ed illustratore, che dedicò la parte più importante della sua vita d’artista a fermare in immagini momenti cruciali della storia americana.
In questo caso si tratta dell’esecuzione della sentenza della Corte Suprema che pose fine all’apartheid in Louisiana, obbligando la scuola elementare di New Orleans (William Frantz Elementary) che ne aveva rifiutato l’iscrizione ad accogliere tra i suoi allievi una bambina di colore di sei anni, Ruby Bridges. E furono proprio gli agenti federali del Marshals Service a scortare la bambina a scuola, per l’intero anno scolastico, aspettandola ogni giorno fuori dalla classe per riportarla a casa alla fine delle lezioni.
Perché questa immagine mi è cara e perché può servire, a mio avviso, a rispondere a chiunque si chieda, oggi, se valga la pena, nelle condizioni in cui viviamo, fare il proprio dovere?
Perché in questo quadro c’è tutto: la legge, prima di ogni altra cosa, rappresentata da quattro uomini senza volto la cui identità sta scritta solo nella fascia che ne cinge il braccio sinistro. C’è poi l’arroganza di chi mal sopporta la forza della legge e per questo in­sulta la piccola, lanciandole pomodori e vergando sul muro l’in­sulto «Nigger». Ma ci sono anche l’orgoglio ed il coraggio di chi si affida solo alla legge, procedendo a petto in fuori e a testa alta: i pomodori e gli insulti non sfiorano la bambina disegnata da Rockwell ed il suo abito resta immacolato. Charles Burks, uno dei Marshals addetti alla sua protezione, disse di Ruby Bridges: «Mo­strava un gran coraggio. Non ha mai pianto. Marciava come un piccolo soldato e noi eravamo orgogliosi di lei».
Ecco allora che, a nome di tutti i magistrati della Procura della Repubblica di Torino, ti regalo copia della storica fotografia del 5 dicembre 1960 da cui Norman Rockwell trasse lo spunto per il suo quadro.
Cara Giulia, capirai la ragione di questo regalo. Noi magistrati della Procura, insieme ai Carabinieri e alle forze di polizia, faremo di tutto per trovare il colpevole dell’atto volgare e violento che hai patito. Non so se ci riusciremo e se non sarà possibile ti prego di scusarci: ce la metteremo comunque tutta.. Ed anzi ti chiedo scusa anche a nome della città di Torino, pur se certo non la rappresento, per la viltà di chi non è intervenuto in tuo aiuto pur potendolo fare.
Ma di una cosa siamo tutti certi: tu sei e sarai più forte di ogni viltà e di ogni forma di violenza e razzismo. Criminali e persone vili non spariranno purtroppo mai dalla faccia della Terra, anche se la speranza è l’ultima a morire.  Ma la legge è comunque più forte di tutto, quasi come te !
E ricorda: siamo in tanti con te,  e camminiamo al tuo fianco !

* Procuratore capo della Repubblica di Torino e a nome di tutta la Procura

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