di Andrea Doi
Siamo sinceri. A ispirare queste poche righe è stato un post su facebook di Luca Cassiani, presidente uscente delle Commissione Cultura del Comune di Torino. Scrive l’ex consigliere comunale: «je suis turc! Anche i morti di Istanbul meritano ricordo e rispetto. Oggi I’m turkish come fui francese, siriano , iracheno…».
«I morti di un aeroporto, in un metrò, in una piazza sono tutti uguali – continua Luca Cassiani nel suo post- senza distinzioni etniche, religiose, geografiche, politiche».
In questo modo Cassiani intende evidenziare come, a differenza delle precedenti stragi di Parigi e Bruxelles, ma anche a quella di Orlando, non sia stato previsto, soprattutto a livello istituzionale, alcun presidio o iniziativa di solidarietà.
La sindaca Chiara Appendino ha espresso la sua «vicinanza ai parenti delle vittime – aggiungendo che – ancora una volta saremo più forti della paura».
Nonostante questo nessuna bandiera turca sventolerà nelle piazze cittadine, nessun gonfalone, nessun palco, nessun minuto di raccoglimento, nessun presidio, nessuna fiaccolata per gli oltre quaranta morte del vile attentato di Istanbul.
Va detto che quello di Torino è lo stesso quadro, come già qualcuno ha fatto notare, che si registra in tutto il resto del nostro Paese (ma anche in Europa) dove è palese la diversa reazione tra gli attacchi in Turchia e quando venne colpita una città Europea.
Come spesso abbiamo denunciato i comportamenti antidemocratici del presidente turco Erdogan e lo sterminio dei curdi, ci viene ora spontaneo condannare l’indifferenza che emerge e che da origine una distinzione tra morti di serie A e di serie B.
Essere contro Erdogan non significa essere contro il popolo turco, oggi duramente colpito dal terrorismo.