Di Moreno D’Angelo
Articolo 18 totem o tabù? È su questa evocativa domanda che si è basato il vivace confronto politico organizzato da Nuovasocietà, nella sede del Centro Sereno Regis di via Garibaldi 13 a Torino.
Il dibattito, moderato dall’ex vice presidente della commissione vigilanza RAI Giorgio Merlo, ha visto confrontarsi Carlo Chiama, collaboratore dell’assessore Regione Piemonte all’Istruzione e Formazione Gianna Pentenero, Giovanna Ventura, segretaria regionale della Cisl Piemonte, Marinella Baltera della Fiom Torino e Massimo Richetti per l’Unione Industriale.
«Il capitolo delle garanzie e dei diritti non è tramontato e l’interrogativo è come coniugare la cultura progressista con le esigenze di flessibilità». ha dichiarato Giorgio Merlo, ricordando come l’art 18 dello statuto del lavoratori (L 300) fu introdotto da Carlo Donat Cattin.
«Quante sono realmente le cause aperte sulla base dell’art. 18? Dati certi non ne abbiamo» si è chiesta la segretaria regionale della Cisl Piemonte Giovanna Ventura, lamentando le chiusure al dialogo da parte del governo e ponendo il dubbio su cosa significhi realmente “tutele crescenti”. Per la rappresentante della Cisl «Occorre guardare all’intera materia della legislazione del lavoro nel suo complesso oltre questo totem».
Per Massimo Richetti, rappresentante dell’Unione Industriale, il nostro sistema del lavoro resta ancora troppo rigido, e non è certo la questione dell’art. 18 a essere decisiva sulle scelte degli investitori ma bensì una serie complessiva di fattori come la certezza del diritto, la burocrazia, il fisco e il costo dell’energia. Oltre al discorso dei tempi Richetti lamenta l’alta discrezionalità dei giudici in casi di fatto simili «Non sappiamo mai i tempi per l’attuazione di un licenziamento – aggiungendo un’amara considerazione – Con questo quadro è più facile che si chiuda uno stabilimento piuttosto che lo si ristrutturi».
Contraria alla cancellazione dell’art. 18 è Marinella Baltera della Fiom di Torino: «Se venisse cancellato oggi avremmo da subito 2mila licenziamenti illegittimi legati alla cause i corso». Anche per la rappresentante Fiom non è certo l’eliminazione dell’art. 18 a creare occupazione ma la burocrazia e il quadro di incertezza in cui si opera. Un articolo che è già stato fortemente svuotato dopo i provvedimenti del ministro Fornero. In chiave polemica con il governo Marinella Baltera ha ricordato come fino a poche settimane fa la questione articolo 18, oggi al centro del dibattito e dei talk show, non risultasse certo un punto centrale.
L’esponente Fiom ha fatto presente con amarezza come in Piemonte il numero di fabbriche da lei seguite si sia dimezzato. «I lavoratori non reintegrati nell’80% dei casi non trovano lavoro e la messa in mobilità diventa così quasi sempre un viaggio certo verso la disoccupazione». Si tratta spesso di persone in età avanzata che per le riforme previdenziali dovranno attendere ancora molti anni per avere la pensione in un contesto che vede i meccanismi di accompagnamento e di sostegno al reddito si limitati a un solo anno dai provvedimenti del ministro Fornero.
La rappresentante della Cisl Piemonte ha in conclusione lamentato l’assenza di politiche attive che devono passare attraverso la pronta apertura di uno sportello che informi realmente sui corsi di formazione.
A una domanda sulla debolezza del sindacato e sulla paura e distacco dei lavoratori (nessuno dei relatori ha ricordato i tre milioni scesi in piazza con Cofferati sull’articolo 18 ,allora vero totem, scesi in piazza nel marzo del 2002 al Circo Massimo), la rappresentate della Cisl ha parlato di spinta verso l individualismo e alla perdita dello spirito di militanza: «Si stia perdendo la voglia di difendersi sentendosi isolati».
La questione ha animato una certa polemica tra la rappresenti di Cisl e Fiom. Per quest’ultima contro i provvedimenti della Fornero non vi è stata assolutamente una adeguata reazione sindacale. E oggi crisi e paura è indubbio che stiano sicuramente indebolendo il movimento dei lavoratori.
Il discorso riporta all’avallo di una parte del sindacale al patto sul lavoro che nel 2000 introdusse una serie tale di strumenti di flessibilità che anche oggi è difficile enumerare e che ha portato a quegli eccessi ammessi anche dal rappresentante dell’Unione Industriale che ha pure ricordato la drammatica assenza di una reale politica industriale.
Alle parole di modernità e flessibilità nel lavoro (che a quanto pare non è mai abbastanza), fanno da drammatico contraltare i tanti giovani per cui precarietà significa incertezza, impossibilità di avere un mutuo e insicurezza non solo economica. L’art 18 non è un tabù ma le difficoltà dei lavoratori e delle imprese restano un totem che senza una reale ripresa economica difficilmente sarà risolvibile.