Che la volpe sia l’animale più astuto per antonomasia è ben noto. Ma è consapevole, la volpe, di non essere sola? Uno studio di ricercatori di Città del Capo pubblicata sulla rivista Science rivendica tale caratteristica a un uccello. È il drongo codaforcuta, in Africa, a ricevere un riconoscimento per la sua furbizia.
Come già noto, l’uccello ha la capacità di emettere suoni per avvisare i suoi simili della presenza di un predatore, in genere rapaci e serpenti. Richiamata l’attenzione su un pericolo imminente, gli uccelli a cui il drongo si accompagna, come i garruli bicolore, si allontanano dal luogo del pericolo. Dopo un lungo periodo di osservazione da parte degli studiosi, è emerso però un dato curioso: ciò che può succedere, infatti, è che il furbo uccello africano emetta suoni anche quando dei predatori non v’è ombra. E perché lo fa? Perché ha trovato cibo e ha deciso di non condividere il suo bottino con i suoi consimili: lanciato, dunque, l’allarme, questi si allontanano e lui può rubare tranquillamente gli avanzi.
Ma non è finita qui: una furberia del genere non può riuscire sempre nel suo intento e, in effetti, gli altri uccelli hanno compreso che spesso il richiamo sia solo un mezzo per far sì che si allontanino. Cosa accade allora? Persa la sua credibilità, il drongo emette suoni che non gli appartengono: ha imparato ad imitare, infatti, fino a 32 segnali di pericolo lanciati da altri uccelli.
Come afferma la ricercatrice Amanda Ridley, «se il garrulo scopre che il drongo sta mentendo e ignora il suo segnale, allora il drongo cambia tattica e imita uno storno o un’altra specie locale che risulta credibile».
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