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giovedì, 19 Dicembre 2024

Appendino e il governo dei conti: onori e oneri (di urbanizzazione)

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I famosi oneri di urbanizzazione, il “costruisco per far cassa”, sono uno degli assi maggiormente accesi e problematici per la giunta comunale. Fortemente contestati dal M5S quando il sindaco era Piero Fassino, hanno fatto effetto boomerang con il cambio di timone alla guida della città. Chiara Appendino, quindi, si è trovata a dover gestire un argomento scomodo, dopo aver avuto per anni una posizione di intransigente contrarietà. La faccenda si è ulteriormente complicata con l’intervento della Corte dei Conti. Un intervento che tuttavia, secondo molti, la sindaca avrebbe dovuto prevedere, essendo stata per cinque anni vicepresidente della commissione bilancio. Ma Cosa sono gli oneri di urbanizzazione e perchè è sconsigliato usarli per finanziare spese di parte corrente?

Gli interventi che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia sono soggetti al rilascio del permesso di costruire. Il rilascio di tale permesso di costruire da parte di una amministrazione comunale comporta per il privato “la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” (art. 16 comma 1 del Dpr 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni). Il calcolo degli oneri sul costo di costruzione cambia da Comune a Comune, in ragione di alcuni parametri propri dell’insediamento. In pratica, un privato che vuole sviluppare un’area sul territorio di un comune non può farlo gratis, ma deve corrispondere all’ente locale una cifra che varia sulla base della portata del progetto. Si inserisce in questo contesto normativo la formula “usare l’urbanistica per fare cassa”, uno dei gridi di battaglia del Movimento 5 Stelle e del vice-sindaco Montanari.  È necessario, per capirsi, essere un po’ tecnici.

La possibilità del loro utilizzo nel tempo è stata oggetto di varie modifiche, ma è una pratica che la Corte dei Conti ha sempre ritenuto quantomeno border-line per chi volesse approfondire, basta leggere questo approfondimento pubblicato su “Enti Locali e PA” del Sole24ore in cui si puntualizza come l’utilizzo degli oneri per “sostenere” il bilancio sia una pratica non certo ben vista ai fini dell’armonizzazione contabile. Nell’articolo sopra citato da un lato si menziona la possibilità normativa di inserire le entrate da oneri di urbanizzazione nella parte corrente del bilancio (per quanto sarebbe più corretto appostarle negli investimenti), e dall’altro si spiega con cura come dopo l’entrata in vigore nelle norme sull’armonizzazione contabile (esatto: la normativa che sta sullo sfondo delle note polemiche dei “disallineamenti” che tanto hanno appassionato la giunta pentastellata torinese) sia sostanzialmente sconsigliabile utilizzare queste entrate una tantum per finanziare spese ricorrenti, come ad esempio le manutenzioni ordinarie. Se si fa ciò, infatti, si mettono a repentaglio gli “equilibri di bilancio”.

Oneri in parte corrente: le scelte opposte di Fassino e Appendino

A Torino l’utilizzo di tali entrate in parte corrente fu interrotto nel 2013, dopo un largo utilizzo negli anni precedenti. Questa scelta fu presentata allora come una delle politiche di risanamento del bilancio dell’ente insieme alla riduzione del debito, alla riduzione dei residui passivi, alla cessione di quote delle società partecipate e alla drastica diminuzione delle spese di funzionamento dell’ente. Nei bilanci 2014 e 2015 e nel bilancio previsionale 2016 (ancora a firma Fassino), infatti, non si è fatto ricorso, nell’impostazione del pareggio, a tali entrate.

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Il primo assestamento di Appendino e Rolando ha, però, salutato il ritorno all’utilizzo degli oneri di urbanizzazione in parte corrente per ben 14 milioni di euro. Questa scelta venne motivata come obbligata e come conseguenza dei fantomatici buchi di bilancio lasciati dalle Giunte di centrosinistra. Erano i giorni degli audit e dei debiti fuori bilancio mai dimostrati. Rivolgendosi ai propri elettori Appendino e Montanari spiegarono che non si poteva fare altrimenti e che le varie operazioni Ex-Westingohuse e Zoom erano necessarie a chiudere un bilancio impostato da altri, un bilancio che lasciava poca agibilità politica e che imponeva scelte che mai più si sarebbero verificate.

La Giunta Appendino annulla gli effetti della mozione del Gruppo Consiliare del Monvimento 5 Stelle

Il bilancio 2017 doveva nei proclami essere il bilancio della riscossa, il bilancio con cui far dimenticare il semestre nero denunciato dai comitati e iniziare a realizzare le promesse fatte in campagna elettorale. Chiuso il 2016 (in pareggio), il bilancio 2017 si apriva come una tabula rasa, il primo completamente nella mani della Giunta Appendino. Ieri, invece, la Giunta ha deliberato che anche il bilancio 2017 applicherà gli oneri in parte corrente. Ed è una scelta che fa rumore per diverse ragioni. Innanzitutto perchè non presta attenzione alle recenti raccomandazioni della Corte dei Conti e poi perchè smentisce – ancora una volta – gli indirizzi del gruppo Cinque Stelle in Consiglio Comunale, che aveva presentato una mozione perentoria per impegnare la Giunta a “non utilizzare in futuro queste entrate per finanziare la spesa corrente ove anche fosse consentito”(mozione 91/2016). Ancora una volta i grillini si trovano costretti ad una frettolosa retromarcia (era già successo con le politiche del personale) e sono costretti a rimangiarsi l’impegno che gridarono forte in campagna elettorale a fronte del diktat della Giunta.

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E lo fanno con un gesto clamoroso: proponendo al Consiglio, e quindi alla propria maggioranza, di “rimangiarsi” un proprio atto di indirizzo, la mozione approvata poche settimane prima. Chiedendo, in altri termini, con un atto senza precedenti, al Consiglio di non fare il Consiglio.

Le indiscrezioni di Repubblica e il ritorno del paradigma vittimario

Questi atti annunciano l’ennesima giravolta di Appendino: salta la promessa dello “zero consumo di suolo”, salta il “no ai supermercati”, salta una scelta di risanamento importante, salta ancora una volta una mozione del gruppo M5S in Consiglio per il volere delle Giunta. Non solo le promesse di campagna elettorale si dimostrano irrealizzabili, non solo si aprono grossi interrogativi sull’effettiva capacità o possibilità di incidere del Movimento 5 Stelle sulla propria Sindaca, ma appare sempre più evidente come manchi un progetto di lungo periodo nella gestione delle politiche di bilancio. Le indiscrezioni raccolte  da Repubblica  pre-annunciano la strategia comunicativa che il Movimento utilizzerà per fronteggiare la distanza tra la realtà delle azioni quotidiane e le promesse della campagna elettorale: “una scelta presa per necessità”, “una situazione pesante”, “mancano un’ottantina di milioni”. Parole già sentite che si riassumeranno nel solito adagio: “è colpa di Fassino”.

Ma l’alibi, dopo aver chiuso il primo bilancio “di transizione” non regge più, se mai qualcuno avesse creduto alle settimane autunnali di allarmismo per buchi che si è scoperto poi non esistere. Così come, d’altronde, guardando al recente passato, neppure alla attenta consigliera di opposizione Chiara Appendino era mai venuto in mente di imputare alla Giunta Chiamparino responsabilità tecniche per i bilanci della Giunta Fassino.

E’ evidente che per una Sindaca che ha provato a costruire la propria immagine pubblica sulla serietà “bocconiana”, raccogliendo con questa immagine insperati entusiasmi in quello che lei stessa aveva definito il “Sistema Torino” questo è un passaggio di verità assai delicato.

Appendino, senza più la coperta di Linus delle presunte colpe suo predecessore, è sola con le responsabilità che il Governo cittadino comporta, verso i cittadini e verso la propria maggioranza. Delle responsabilità con cui è ormai il momento di confrontarsi.

Appendino è dunque chiamata a spiegare le sue scelte e la sua visione della Città, a confrontarsi con la complessità dell’amministrare e con un bilancio finalmente tutto suo e non più in condivisione con la Giunta precedente. Dopo aver pronunciato cifre contraddittorie sul passato  è il momento di far capire ai torinesi (nonché alla propria maggioranza, ed ai propri elettori) quale futuro li attende.

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