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domenica, 8 Settembre 2024

I vertici Askoll non cambiamo posizione: a giugno la chiusura dello stabilimento astigiano

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di Silvia Musso
Lo scorso venerdì, 21 marzo, doveva essere il giorno delle verità per la fabbrica Askoll P&C di Castell’Alfero in provincia di Asti. E la verità è arrivata come un macigno sui 220 dipendenti della fabbrica astigiana che produce motori elettrici per lavatrici.
L’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico, infatti, sembra aver spazzato via ogni speranza. I dirigenti Askoll hanno ribadito la scelta di chiudere il prossimo giugno lo stabilimento di Castell’Alfero a causa dei costi eccessivi (si parla di una perdita di 500 mila euro al mese) delocalizzando in Slovacchia come già avvenuto lo scorso agosto per un reparto della fabbrica.
E così sfumano le speranze che si erano accese durante il primo incontro al Ministero, lo scorso 10 marzo. Intorno al tavolo si erano trovati gli stessi attori di venerdì: sindacati, rappresentanti del Ministero, della Regione Piemonte, del Comune di Asti, il vicesindaco di Castell’Alfero ed esponenti dei partiti, il direttore dello stabilimento di Castell’Alfero, il direttore delle risorse umane, l’amministratore delegato di Askoll P&C e il direttore Askoll Holding.
Quel primo incontro si era concluso con l’invito di Giampietro Castano, responsabile dell’Unità Gestione Vertenze del Ministero dello Sviluppo Economico, di trovare soluzioni alternative alla chiusura del sito produttivo, anche con l’aiuto della Regione Piemonte.
Venerdì in un incontro di due ore e mezza, sono state delineate diverse proposte economiche: dai finanziamenti da parte della Regione Piemonte, all’aiuto finanziario da parte del Mise, fino alla riqualificazione di parte di terreni e capannoni per una riconversione commerciale da parte del Comune di Castell’Alfero.
A tutto questo si è aggiunta la recente proposta del Governo di decontribuzione sino al 40% per le aziende che applicano i Contratti di Solidarietà (art. 5 del Decreto Legge del 20 marzo 2014, n. 34 – Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese). Pur mancando ancora un Decreto interministeriale che stabilisca i criteri per l’individuazione dei datori di lavoro beneficiari di questa riduzione contributiva, per la Askoll P&C si profilerebbe una riduzione del 35% su tutti gli oneri contributivi dei lavoratori in cassa integrazione, pari sino a circa 400.000 annui.
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha nuovamente invitato l’azienda a prender tempo per analizzare tutte le proposte emerse nell’incontro. Ma l’amministratore delegato non ha ritenuto le offerte congrue per risanare la situazione in rosso dello stabilimento.
Di ritorno da Roma un amaro commento di Silvano Uppo, segretario provinciale della Uilm di Asti ha sintetizzato lo stato d’animo dei lavoratori: «Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione. Questa citazione riassume l’incontro di oggi. È breve ma condensa quanto accaduto oggi e aggiungo che credo di non avere di fronte degli stupidi, ma potremmo avere di fronte una società ormai morta».
Quali saranno i prossimi sviluppi?
«Stiamo valutando sia con le istituzioni e sia coi lavoratori come proseguire la vicenda, anche dal punto di vista legale» spiega Tiziano Toniolo, RSU della Fim Cisl di Asti.
L’azienda sta, infatti, venendo meno ad un accordo firmato nel 2012 con le rappesentanze sindacali di fronte al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il cui scopo era salvare lo stabilimento a fronte della delocalizzazione di un reparto (dei 220 dipendenti dell’azienda 70 sono in cassa integrazione dall’estate 2013). Secondo quell’accordo l’azienda doveva impegnarsi a mantenere il livello occupazionale di 150 lavoratori.

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