Scritto da Gabriele Richetti
Correva l’anno 1898
Nel 1898 Torino e l’Italia intera erano in fermento. In quell’anno cadeva infatti il cinquantesimo anniversario dello Statuto Albertino.
Nel capoluogo piemontese venne dunque organizzata una grande esposizione generale, per tributare il giusto onore allo Statuto.
Di tutte le opere architettoniche, temporanee e non, costruite in quei giorni, l’unica ancora oggi visibile è la Fontana dei Dodici Mesi (detta anche delle Quattro Stagioni), situata nella posizione in cui fu costruita all’epoca, vale a dire immersa nel Parco del Valentino.
Realizzata su progetto dell’ingegnere e architetto Carlo Ceppi, la fontana è adagiata su un lieve pendio che dalla strada scende verso il Po. Alle sue spalle, dove oggi si trovano alcuni parcheggi sotto i rami degli alberi, nel 1898 si ergeva un grande edificio in stile moresco destinato ad ospitare alcuni locali dell’esposizione, e sostituito, per l’Expo del 1911, dal padiglione dedicato all’Inghilterra.
Dodici mesi e quattro fiumi
Della fontana dei Dodici Mesi risalta subito l’ampia vasca ovale, alimentata da una grande cascata centrale. Sopra la cascata si trovano quattro gruppi di statue, che rappresentano ciascuna un fiume piemontese.
Troviamo dunque tre giocondi nudi femminili (la Stura), una grande figura barbuta (il Po), una pastorella dalla corona di margherite (la Dora) e un genio acquatico che sorride a due giovani amanti (il Sangone).
Tutto intorno alla vasca centrale si notano dodici sculture allegoriche, a rappresentare i dodici mesi dell’anno.
La vasca presentava, all’epoca della costruzione, altri gruppi di statue, andati purtroppo perduti (una sirena trainata da alcuni cigni, un satiro e dei putti).
La leggenda di Fetonte
Da buona opera torinese, anche la Fontana dei Dodici Mesi parrebbe avere qualche legame con l’occulto. In effetti, la Storia stessa di Torino sembrerebbe, a volte, prendere una strada diversa da quella conosciuta dai più, per fondersi con la leggenda.
Secondo il mito, Fetonte, per dimostrare la propria forza, chiese al padre il permesso di guidare il carro del Sole. Tuttavia, a causa della poca esperienza, i cavalli si imbizzarrirono e iniziarono a correre all’impazzata per la volta celeste, bruciandone la parte superiore (dando così origine alla Via Lattea) e quella inferiore (trasformando la Libia in un deserto). Zeus, per fermare tale devastazione, scagliò un fulmine contro il carro, facendolo precipitare.
Il carro precipitò nel fiume Eridano (termine greco usato per indicare il Po), nella zona dove secoli più avanti sarebbe sorta la città di Torino.
La tradizione vorrebbe dunque la fontana essere stata costruita esattamente nel punto ove cadde il carro dello sfortunato Fetonte.