Complice forse la campagna elettorale europea, iniziano i primi scontri tra la maggioranza del governo Renzi. Pomo della discordia il decreto legge sul lavoro di cui oggi l’esecutivo si vede costretto a chiedere la fiducia alla Camera, a causa dello scontro frontale tra Pd e Ncd.
La decisione è arrivata dopo il lungo dibattito di ieri e i tentativi di mediazione (falliti) del ministro Giuliano Poletti. Agli alfaniani e a Scelta Civica, infatti, non sono piaciute le modifiche al testo originario del decreto apportate dal Pd con il via libera del governo. Nella sostanza le modifiche sotto accusa riguardano da una parte la riduzione delle proroghe del contratto a termine nell’arco di 36 mesi, passate dalle otto della prima stesura alle cinque dell’ultima; dall’altra l’apprendistato e l’obbligo di assunzione condizionata degli apprendisti al termine della formazione, il cui tetto è passato dal 30% al 20%.
Il ministro Poletti ha tentato di risolvere la situazione proponendo una mediazione tra le parti. In primo luogo l’introduzione di una sanzione pecuniaria per i datori di lavoro che superino il tetto del 20% di lavoratori a termine; in secondo luogo la possibilità di scegliere tra formazione per apprendistato regionale o aziendale.
A mandare a gambe all’aria i tentativi di riappacificazione del ministro Poletti sarebbe però stato il Pd, che a questo punto chiedeva la riduzione del rinnova da cinque a quattro volte per i contratti a termine senza causale.
Da qui l’annuncio del ministro Maria Elena Boschi di ricorrere alla fiducia per il dl lavoro. Sia Pd che Ncd annunciano che la voteranno per senso di responsabilità, ma gli alfaniani avvisano che saranno scintille in Senato. «Voteremo la fiducia alla Camera – afferma Nunzia De Girolamo, Ncd – ma non rinunciamo a dare battaglia».
Dal canto suo Matteo Renzi, che ha assistito alla bagarre da Palazzo Chigi, si dice convinto che le polemiche siano la diretta conseguenza della campagna elettorale per le Europee che si terranno da qui a un mese.
«Ma, con rispetto della campagna elettorale, noi vogliamo governare – afferma il presidente del consiglio in un intervista al Tg1 – Stiamo discutendo se le proroghe debbano essere cinque o otto, sono dettagli».
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