Per il 2020 il Piemonte chiede al Governo lo stato di calamità occupazionale, per affrontare i morsi della crisi che per l’anno che è appena iniziato lascia prevedere un’emorragia di almeno 5000 posti di lavoro. Il presidente della Regione Alberto Cirio apre il primo consiglio del decennio, affiancato dalla relazione sullo stato delle aree di crisi presentata dall’assessore Elena Chiorino, che fotografano un territorio in affanno nel torinese, con spinte negative su astigiano e biellese, e una propulsione incoraggiante nelle altre province.
Uno stato di calamità che si ispira a quello pensato per gli accadimenti naturali e atmosferici perché, come spiegato dallo stesso presidente «è necessario anticipare gli eventi: dichiarando la “calamità”, facciamo discernere alcune azioni concrete, quali il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, perché da sola la Regione non ce la fa; gli stanziamenti sull’area di sviluppo complessa a completamento dei 30 milioni messi dalla Regione; l’accordo che vede a Torino, Susa, Pinerolo e Ivrea una serie di interventi sul manufacturing center, sulla città dell’aerospazio, e la città della salute, non dimenticando le opere di compensazione della Tav».
Punto sul quale Cirio si sofferma più volte, lamentando l’inerzia del Governo e ricordando che il mandato del precedente Commissario sulla Tav è cessato da tempo ma non si è ancora avuta una nuova nomina. «Con finanziamenti già stanziati non possiamo perdere tempo: ho avvisato il ministro Demicheli che se la nomina non arriverà, ci avvarremo della legge che ci consente di insediare un comitato autonomo, con presidente designato dalla regione Piemonte, un rappresentante per ogni area interessata, e un rappresentante del governo». E aggiunge come le opere «dalla Asti Cuneo alla Pedemontana» nel momento in cui vengono cantierate, diventino necessariamente fonte di occupazione.
Non è un pianto greco, ma una fotografia di quanto serve. Il piano di competitività regionale è scritto con la concordia istituzionale delle parti sociali, e con la partecipazione dei settori produttivi: «Abbiamo chiesto che cosa servisse, affinché la modulazione del piano, finanziato dai fondi europei e con una parte dell’avanzo di Finpiemonte, fosse correlata ai reali bisogni. A febbraio lo presenteremo: il nostro progetto è quello di sottoscriverlo categoria per categoria, insieme. Noi ci siamo ma Roma faccia la sua parte». Al piano, sembravano destinati 150 milioni, «per poi scoprire che la somma era per tutta Italia e non per il Piemonte; di quale sia la quota a noi destinata non abbiamo notizie».
Perplesse le opposizioni in aula. Raffaele Gallo, intervenuto per il Partito Democratico, sottolinea «siamo favorevoli all’approvazione del documento che dichiara la calamità occupazionale in Piemonte ma non è chiaro quale sia il Piano Competitività tanto annunciato, né quali siano le linee guida individuate dalla Giunta per il mondo delle imprese e per proteggere le famiglie». Gallo guarda inoltre a una crisi globale dai forti impatti sull’export «uno dei settori sui quali si fonda l’economia piemontese. I venti di guerra toccheranno un driver fondamentale per lo sviluppo, quello dell’energia. La frenata economica di Germania e Cina avrà conseguenze anche per il nostro Paese. Ci troviamo di fronte a sfide come quella della robotica e dell’intelligenza artificiale che comporteranno cambiamenti importanti. Dobbiamo affrontare tutto questo con un piano complessivo che comprenda politica industriale, ma anche un welfare che fornisca risposte a chi perde il lavoro e ai piccoli imprenditori in crisi».
Non si può parlare di occupazione senza parlare di salari e condizione di lavoro secondo Marco Grimaldi, di Liberi Uguali e Verdi, che richiamandosi alla similitudine con la calamità naturale, evidenzia «come per fermare i cambiamenti climatici non serva maledire madre natura; pensiamo che l’emergenza occupazionale e quella climatica e ambientale dipendano da fattori umani e sono inscindibili. Bisogna che ci siano chiare le origini del dumping salariale e delle delocalizzazioni: il profitto ad ogni costo. A differenza di altre crisi occupazionali, quella che viviamo ora si lega indubbiamente alla necessità di una riconversione ecologica dell’economia».
Sul palcoscenico occupazionale del Piemonte non può non pesare l’accordo FCA Peugeot, sul quale Cirio ha relazionato in aula annunciando, per la prima decade di febbraio, un incontro con Fca nel quale l’azienda illustrerà quelli che sono gli sviluppi dell’accordo che si articolerà nei prossimi quindici mesi e che dovrà confermare i cinque miliardi di investimenti che Fca si è assunta l’onere di impegnare con un cronoprogramma che terminerà nel 2022: «sarà il terzo gruppo mondiale come fatturato del settore, farà i suoi studi sulla guida intelligente, l’elettrico, possiamo contare sul grande valore aggiunto rappresentato dal Politecnico e dall’Università».
E a margine, Cirio commenta «la voglia di autonomia di una regione dipende anche dal fatto che ogni anno vengono versati 10 miliardi in più di quello che ricevi, e hai promesse ma non stanziamenti: a fronte di questo il desiderio di autonomia cresce ogni giorno di più».