Nelle case di riposo ormai è strage di anziani. Le inchieste della Magistratura si stanno moltiplicando in tutto il nord Italia ed in particolare a Milano e Torino.
Al Pio Albergo Trivulzio di Milano gli anziani pazienti morti sarebbero oltre 150. In provincia di Bergamo si stimano 1.500 anziani deceduti per coronavirus nelle RSA. Numeri inquietanti che impongono indagini approfondite per capire come sia stato possibile trasformare gli ospizi, dove a tutti era chiaro fossero presenti le persone più esposte ai rischi del Covid-19, in focolai di infezione fuori controllo.
Si ipotizzano gravi negligenze a carico dei dirigenti delle case di riposo e del personale addetto alla cura degli anziani ospiti. Si indaga persino per capire se è vero che alcune strutture avrebbero nascosto la positività di alcuni membri del personale
Non sarebbero state prese le dovute cautele e personale e pazienti non sarebbero stati dotati dei sistemi individuali di protezione per prevenire il contagio (mascherine, guanti, camici etc). Accuse gravissime mosse da parenti delle vittime e da membri del personale, che dovranno trovare conferme nelle indagini ma che stanno comunque mettendo in allarme i vertici di tutte le RSA del nord Italia.
A Torino la situazione è allarmante quanto in Lombardia.
Si registrano al momento oltre duecento decessi per coronavirus tra gli anziani delle case di riposo torinesi. Un incremento che ha destato preoccupazione anche nella sindaca Chiara Appendino e nel presidente della regione Alberto Cirio.
Tuttavia è lecito ipotizzare che per questa strage di anziani anche il sistema sanitario abbia concorso mediante dimissioni affrettate con conseguente ritorno di pazienti positivi al Covid-19 nelle strutture RSA, come le stesse case di riposo hanno denunciato nelle scorse ore.
I reati ipotizzati nelle indagini in corso sono quelli di omicidio colposo ed epidemia colposa.
Il reato di epidemia è previsto dall’art. 438 del codice penale. La norma punisce chiunque cagioni un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni. La pena prevista per l’epidemia dolosa è l’ergastolo. Nella versione originale del codice penale, nel caso in cui a causa dell’epidemia conseguisse il decesso di uno o più persone, si applicava la pena di morte.
Per l’epidemia colposa le pene sono quelle indicate dall’art. 452 del codice penale.
Secondo la giurisprudenza “il reato di epidemia richiede, nella sua materialità, il carattere contagioso e diffuso del morbo, la durata cronologicamente limitata del fenomeno (che altrimenti si verserebbe in endemia), il numero elevato delle persone colpite e l’estensione territoriale dell’affezione, che dev’essere di una certa ampiezza “ (Cfr. Tribunale Bolzano, 13/03/1979).
Deve essere segnalato, tuttavia, come i Tribunali italiani, nei pochi precedenti noti, abbiano dato alla nozione di epidemia di cui all’art. 438 del codice penale un’interpretazione restrittiva. Si è infatti affermato che “elementi costitutivi, in senso materiale, della fattispecie preveduta e punita dall’art. 438 c.p. sono: la rapidità della diffusione, la diffusibilità ad un numero indeterminato e notevole di persone, l’ampia estensione territoriale della diffusione del male. Il reato deve, perciò escludersi se, come nel caso di specie, l’insorgere e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell’ambito di un ristretto numero di persone …” (Cfr. Tribunale Savona, 06/02/2008).
Tutt’altro che scontato quindi che si sia configurato il reato di epidemia colposa nelle RSA. Più “semplice” invece ipotizzare la presenza di gravi negligenze, imprudenze ed imperizie che consentirebbero la contestazione del reato di omicidio colposo.
In ogni caso, per le case di riposo interessate da un numero di decessi anomalo, o comunque da decessi dei pazienti per coronavirus, è estremamente probabile che ci saranno conseguenze anche sotto il profilo civilistico. Numerose famiglie potrebbero infatti attivarsi per richiedere il risarcimento per la prematura scomparsa del loro congiunto.