Che strano Paese è l’Italia: nessuno sa quanto gli accade attorno. E se qualcuno sa, allora mente, depista, crea prove artificiose, come nei casi degli orribili delitti di Falcone e Borsellino. E, per rimanere a Cosa Nostra, se qualcuno decide di vuotare il sacco per sgravarsi la coscienza, viene fatto passare per matto, come il primo pentito di mafia, Leonardo Vitale. O come Tommaso Buscetta, il narratore dei segreti dell’Onorata società, delegittimato non appena aprì le pagine dei mostruosi capitoli del rapporto tra mafia e politica.
Potremmo continuare all’infinito, a ritroso nel tempo, dall’Unità d’Italia ad oggi, dalle storie crudeli di brigantaggio dell’Ottocento al banditismo separatista siciliano e a quello sardo, dai tentati colpi di Stato alla Strategia della tensione ai terrorismi di matrice fascista e rossa. Lo scrigno degli scandali finanziari ed economici, poi, è particolarmente ricco, e negli ultimi decenni si è dilatato alla velocità della luce.
Nessuno sa. Per incredibile possa apparire, il nostro Paese ha conosciuto anche ministri cui regalavano eleganti appartamenti in zone storiche di Roma a loro insaputa. Non deve dunque stupirci se un pitbull, pur di arrotondare il suo magro stipendio, si sia messo ad abbaiare all’insaputa di Nostra Signora Appendino. Lei era così affaccendata a non sapere, che ha finito anche per non sentire. In fondo, come si suol dire, occhio che non vede, orecchio che non sente, cuore che non duole. Almeno fino a ieri, in Procura.