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venerdì, 13 Dicembre 2024

Torino 2021, Cristopher Cepernich: “La popolarità non è consenso. Occhio a quartieri strategici nell’andamento del voto”

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Rosanna Caraci
Rosanna Caraci
Giornalista. Si affaccia alla professione nel ’90 nell’emittenza locale e ci resta per quasi vent’anni, segue la cronaca e la politica che presto diventa la sua passione. Prima collaboratrice del deputato Raffaele Costa, poi dell’on. Umberto D’Ottavio. Scrive romanzi, uno dei quali “La Fame di Bianca Neve”.

Elezioni amministrative: si entra nella fase cruciale. Gli ultimi sondaggi danno i candidati sindaco pronti a giocarsi il tutto per tutto: l’ultimo di SWG, diffuso da La 7 nella serata del 16 settembre, dava i contendenti del centro destra e del centro sinistra entrambi tra una forbice di consenso tra il 40 e il 44 per cento. Operazione recupero in piena volata, dunque, per il dem Stefano Lo Russo, candidato del centro sinistra che rispetto al candidato del centro destra Paolo Damilano è indubbiamente partito in ritardo, complice il Covid, le discussioni interne, le primarie. Solo qualche settimana prima dell’ufficializzazione e della discesa in campo della candidata pentastellata Valentina Sganga. Oggi, a un mese esatto dall’eventualità di un ballottaggio probabile, anche se i candidati proprio per la grande instabilità del momento proveranno ad accaparrarsi il Comune al primo turno, a fare un quadro del territorio che muoverà il proprio destino e quello dei candidati nelle urne, è Cristopher Cepernich, sociologo, docente universitario e studioso della comunicazione politica. 

Se sappiamo ormai come non esista praticamente più il voto d’appartenenza alla corrente, al partito, al movimento ma piuttosto una preferenza scelta da chi meglio rappresenta il bisogno e la risposta a quel bisogno, impellente e urgente, è appassionante il ruolo che alcune circoscrizioni potranno avere nella disputa. 

Ci sono quartieri che lei ha definito “ago della bilancia”. Quali sono?

La circoscrizione 3, Borgo San Paolo Cenisia Cit Turin Pozzo Strada, insieme ad altre, come alla 2 Mirafiori nord Santa Rita e a una parte della 7 Aurora Vanchiglia Madonna del Pilone Borgo Po. Queste sono quelle nella quale c’è una maggiore flessibilità quindi un ri-orientamento del voto tra primo e secondo turno. Questo emergeva già da dati del 2016. Significa che sono circoscrizioni, e quindi quartieri, dove c’è una maggiore fluidità. Per questo rappresentano un ago della bilancia.

Cosa si intende?

E’ formato da quella che noi abbiamo chiamato “la terza città”; né la periferia né il centro hanno spesso l’attenzione delle considerazioni e di cosa succederà in periferia e di cosa succede in centro città: in realtà ago della bilancia vuol dire che ciò che accade nei quartieri attorno al centro, quella che noi abbiano chiamato la terza città, è quello che realmente decide le elezioni al secondo turno, perché sono quei territori dove c’è un maggiore spostamento tra i due momenti elettorali.

Si tratta anche di territorio definiti “misti”, dove ci sono più livelli sociali, diverse tipologie di cittadini per cultura, possibilità economica e lavorativa. Che ruolo hanno i giornali nella disputa? I malevoli sostengono che quelli dei grandi gruppi siano sbilanciati verso un contendente in particolare...

Non credo che i giornali in questo momento siano schierati. Anzi mi sembra che ci sia più di altre volte una netta distanza, e per questo una visione più critica e obiettiva, rispetto a ciò che accade in città.

La creazione del nemico, la paura. A volte la paura di non farcela. Quanto sono pericolose per i candidati?

Le tecniche e le strategie di campagna elettorale che polarizzano il voto, cioè che creano il nemico sono molto rischiose. Perché quando si attuano bisogna essere sicuri che le persone che si motivano siano maggiori rispetto a quelle che si motivano dall’altra parte. La storia della comunicazione politica è fatta di questo. Il berlusconismo e l’anticomunismo degli anni ’90 sono stati una struttura comunicativa elettorale e linguistica fondamentale per il centrodestra, ma esattamente il più delle volte si demonizzavano gli uni con gli altri riattivando gli uni i nemici degli altri. E’una tecnica difficile da utilizzare perché bisogna essere sicuri che dicendo che c’è un nemico quel nemico sia più temuto del proprio, ed è quello che provoca la riattivazione nei propri elettori. 

Una tecnica che potrebbe rilevarsi un boomerang. Sa che molti torinesi a distanza di due settimane dal voto non conoscono nemmeno il nome dei candidati? Certo non di tutti e tredici, ma spesso nemmeno dei tre principali. 

Nell’ultimo tempo c’è stato un recupero rispetto alla città nel conoscere i candidati che, effettivamente all’inizio non erano noti e probabilmente su questo c’è un recupero. Quello che commenterei è che la popolarità del candidato è direttamente proporzionale alla lunghezza della campagna. Tanto più la campagna è lunga, tanto più si investe in comunicazione presenza e visibilità, tanto più cresce la popolarità dei candidati. Aggiungo, e questo va sempre tenuto in considerazione, che la popolarità non è consenso. Un candidato può essere conosciuto tantissimo ma non significa che è molto quotato. Non confondere è importante.

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