di A.D.
È già una notizia che la colpa non sia di Piero Fassino e di chi era sindaco prima di lei. È quanto sostiene Enzo Lavolta, consigliere comunale del Partito Democratico, riferito al fatto che la sindaca Appendino sulla vendita delle partecipate abbia attribuito “la colpa” ad altri.
«Appendino ha giustificato la decisione di vendere le partecipazioni in alcune società importanti del nostro territorio affermando che è una conseguenza delle istruzioni della Corte dei Conti e della legge Madia» spiega, in un video che pubblichiamo, Lavolta.
«È già una novità che per lei la colpa non sia del precedente sindaco – continua con ironia Lavolta – però il meccanismo di fondo non cambia: si attribuisce ad altri il motore delle proprie decisioni. Evidentemente per non assumersene la responsabilità». Mentre, «gli esiti della ricognizione sono rimessi alla discrezionalità delle amministrazioni partecipanti e quindi alla discrezionalità del consiglio comunale e alla discrezionalità della politica. È necessario infatti una puntuale motivazione sia per giustificare gli interventi di riassetto sia per legittimare il mantenimento della partecipazione senza interventi».
La delibera in cui si annuncia la vendita di ingenti quote delle società partecipate cittadine per Lavolta infatti non tiene conto dei benefici che molte di queste attività hanno per la città. «Nel motivare sugli esiti della ricognizione effettuata è importante tenere conto dell’attività svolta dalla società a beneficio della comunità amministrata. E cara sindaca Appendino queste motivazioni all’interno della delibera che verrà presentata sulla vendita delle partecipate non sono soddisfacenti. Anzi purtroppo si ha la sensazione che l’Appendino si nasconda dietro la Madia con un rischio: quello di svalutare queste società perché alcune di queste sono un bene pubblico, perché la partecipazione di queste società è un bene pubblico e quindi se decide di vendere significa seguite questa procedura, quello dell’articolo 24, la vendita deve avvenire entro un anno. Se la vendita non riesce entro un anno questa procedura prevede che la società liquidi la somma di denaro equivalente al valore delle azioni all’ente che vuole cedere la partecipazione».
Il rischio è dunque che entro un anno non si venda costringendo le società a tirar fuori di tasca propria somme ingenti. Il consigliere dem conclude con un consiglio alla prima cittadina: «Se vuoi vendere le società partecipate stralcia questa delibera e metti nero su bianco con responsabilità la tua scelta politica. E se vuoi vendere almeno non svendere».