di Moreno D’Angelo
La Città di Torino firmerà il 4 luglio un accordo con Eni, Amiat, Gruppo Iren e Gtt per avviare l’utilizzo degli oli alimentari conferiti dai cittadini come carburante degli autobus del trasporto pubblico.
Sicuramente una scelta ecologica che vede le logiche del riciclo legarsi all’impegno per ridurre l’inquinamento in una città che continua ad avere nell’aria che si respira uno dei suoi punti deboli. Nel corso dell’incontro saranno forniti dettagli sullo sviluppo di questa sperimentazione che si spera contribuisca a incentivare ulteriormente una propensione della cittadinanza al riciclo dei rifiuti che non sembra fare grandi passi avanti.
La possibilità di usare l’olio fritto (industriale o domestico) come carburante non è certo una novità. Il termine tecnico è “olio alimentare post consumo”. Un prodotto di scarto che, debitamente trattato, potrebbe essere oggetto di infinite applicazioni (scaldare o illuminare una scuola, un ospedale, oltre a far viaggiare gli autobus di una città). Certo occorrerà sviluppare una grande filiera virtuosa che, partendo dal coinvolgimento della cittadinanza (si pensi ai ristoratori e industire alimentari), sia anche in grado di creare reti tra sindaci e realtà diverse per rendere la raccolta degli oli usati, e il loro trattamento e utilizzo, economico. Per cominciare basterà raccogliere l’olio fritto usato (che è inquinante e molti dopo la frittura se ne disfano in modi non proprio appropriato) e indirizzarlo nei canali giusti. A livello europeo esistono da tempo appositi progetti per la raccolta e valorizzazione energetica degli oli alimentari usati.