È un attimo che da testimoni si diventi indagati. Potrebbe essere questo il destino che spetterebbe a Vittorio Bertola o comunque una spada di Damocle che potrebbe cambiare la sua posizione nel maxi processo ai No Tav.
I pubblici ministeri hanno chiesto che la deposizione del consigliere comunale del Movimento Cinque Stelle nell’aula bunker del carcere delle Vallette venga inviata in Procura per verificare la sussistenza di reati.
Secondo l’accusa infatti sarebbero emerse delle incongruenze tra quanto testimoniato da Bertola e quanto ripreso dalle telecamere il 3 luglio del 2011 a Chiomonte.È sconcertato il consigliere pentastellato non appena uscito dall’aula: «A un certo punto sembrava che dovessi essere processato io, per aver semplicemente acconsentito a dire quello che ricordavo con la massima sincerità. Che razza di giustizia potrà venirne fuori?», ha scritto sul suo profilo Facebook.
«La cosa che un esterno nota di più – scrive – è il clima di tensione assurda che vige in quell’aula: per metà del tempo, invece di parlare, ho dovuto ascoltare gli avvocati dell’accusa e della difesa che litigavano su cosa potevo, dovevo o volevo dire».
«Per il resto – aggiunge – è stato tutto un susseguirsi di obiezioni procedurali e rinfacci di ogni genere, quando peraltro a tre anni di distanza è ovvio che nessuno può ricordarsi le cose con la massima precisione».
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