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martedì, 21 Marzo 2023

Marco Grimaldi: “Serve un’opposizione vastissima dentro e fuori dal Parlamento e una legge per il clima”

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

“Immagina di essere su una bici in montagna. Per me, durante la campagna, è stato così: sentivo il calore attorno, la spinta di chi mi diceva di non mollare nel momento più duro”. E’ con questa metafora che Marco Grimaldi, neodeputato entusiasta del 6,5% dall’alleanza Europa Verde e Sinistra Italiana, ottenuto a Torino raddoppiando i consensi.

Alleanza Verdi Sinistra in Città Metropolitana ha superato le percentuali di consensi ottenute a livello nazionale e raddoppiato quelle sul territorio ottenute nelle precedenti tornate elettorali. Se alle scorse regionali del 2018 LUV aveva ottenuto 28.910 voti nel Torinese, di cui 13.633 nel capoluogo, il 25 settembre l’alleanza ha preso 53.840 voti di cui 24.374 a Torino. Dunque, rispetto alle scorse politiche il centrosinistra perde 115mila voti, la sinistra rosso-verde ne guadagna 25mila.

Si aspettava un risultato di tale portata con un ottimo risultato di lista, specie nella tua Torino?

Me lo aspettavo sì e no. Il 6,5% a Torino è addirittura più di quanto mai potessimo sperare, soprattutto in un contesto politico preoccupante e in netta controtendenza. 

In una campagna elettorale dominata da duelli e polemiche televisive e sul web, il successo della sinistra ecologista parte da un grande lavoro di base che ha pagato. Un approccio ormai quasi abbandonato e ritenuto old style dalle altre formazioni anche a sinistra.

Trovarsi davanti alla sede di Amazon ad aspettare i lavoratori e le lavoratrici durante quei cinque turni scellerati dovrebbe essere la normalità. Stare davanti alle scuole, a Mirafiori, a Leonardo, a mezzanotte con i ragazzi e le ragazze a discutere di politica è il nostro mondo. Chi guarda tutto ciò con l’occhio di un alieno farebbe meglio a vivere su un altro pianeta.

Noi non abbiamo gruppi economici alle nostre spalle e non li vogliamo avere. Viviamo grazie ai contributi dei nostri eletti, alla militanza, al volontariato, all’autofinanziamento e al crowdfunding. Anche per questo abbiamo un bisogno vitale del lavoro di base, quello che si fa in strada, costantemente, confrontandosi anche con chi disprezza la politica, quello a cui servono non una ma tante persone.

Una delle preoccupazioni maggiori riguardano temi centrali nel vostro impegno come l’emergenza ambientale e quella dei diritti, di fronte a una maggioranza che punta su nucleare e mega opere..

Ha vinto la destra dei negazionisti del clima. Una destra – e in ciò il cosiddetto “terzo polo” di Renzi e Calenda è del tutto allineato se non capofila – che continua a parlare di nucleare in un Paese che non è stato ancora in grado di individuare il sito del Deposito Nazionale per le scorie che ci portiamo dietro (e sarà così per decenni) dal nostro passato nucleare: 27 anni di produzione e già 32 di decommissioning ed eredità di cui non si vede la fine. 

Una destra che continua a chiedere nuovi rigassificatori mentre l’aggressione all’Ucraina ci sta mostrando il nesso profondo fra la guerra e la dipendenza energetica dall’era fossile. E’ ora di scegliere davvero le fonti rinnovabili e abbandonare i combustibili fossili, fonte di ostilità a ogni angolo del mondo, oltre che principali responsabili della crisi climatica.

Non c’è più tempo: abbiamo 7 anni per frenare la crisi prima che diventi irreversibile. Serve subito una legge per il clima, entro i primi 100 giorni del prossimo Parlamento. Possiamo perderne altri 5? Certamente no, ma la vittoria delle destre rischia di significare proprio questo.

Quanto ha influeito la vicinanza con i giovani dei Fridays for Future e soprattutto il buon rapporto e l’impegno dei Verdi europei più radicati sul territorio?

Movimenti come Fridays for Future o Extinction Rebellion sono determinanti e vitalizzanti prima che per noi per tutta la società, sebbene vedere che a livello nazionale fra i giovanissimi superiamo il 10% qualche significato lo ha, anche perché vuol dire che a Torino è circa il doppio, quindi il 20!

L’ambientalismo ha una lunga storia e la presenza dei Verdi lo dimostra. Però è innegabile che questo nuovo, gigantesco movimento internazionale di giovanissimi, che ha animato gli scioperi sociali climatici in tutte le città del mondo, abbia riportato le tematiche ambientali alla ribalta. Hanno parole nuove, pensieri nuovi, ma soprattutto una nuova urgenza. Se chiedi loro come si immaginano nel futuro, fra 10 o 20 anni, rispondono che hanno paura anche solo di immaginarlo. Come si può negare a un bambino o a una ragazza quella proiezione in avanti, che è l’essenza stessa della giovinezza? 

Ha mai avuto rammaricato per la mancanza a sinistra di quelle alleanze che avrebbero potuto contrastare quella che ha definito la peggiore destra del dopoguerra? Ora occorre guardare avanti. Come?

Noi siamo tra coloro che avrebbero voluto un’alleanza più grande per evitare di consegnare il Paese alla peggior destra dal dopoguerra, appunto, senza timore di stare insieme nelle differenze e senza rinunciare alla chiarezza e alla radicalità del nostro messaggio. Non è andata così, credo, per responsabilità distribuite: una parte determinante del Partito Democratico non ci ha mai creduto e il riflesso pavloviano di guardare al centro, verso Calenda, e appellarsi a una fantomatica quanto ineffabile “agenda Draghi” ha compiuto il resto. D’altro canto Conte ha fatto i suoi calcoli: l’esperienza del Governo Draghi stava erodendo inesorabilmente il consenso del Movimento 5 Stelle. Far finire quell’esperienza, allontanarsene e tornare a correre da soli ha significato un ritorno a cifre altissime.

Eppure ci abbiamo rimesso tutti e tutte, ci rimetterà la collettività e ce ne accorgeremo molto presto. Credo che quelle relazioni interrotte vadano ricostruite. Vedo persone di valore come Elly Schlein, Giuseppe Provenzano, Chiara Appendino come potenziali compagni di strada e alleati su tantissime proposte che riguardano la giustizia sociale, i diritti, la transizione ecologica. Serve cominciare a lavorare immediatamente su tutt’altra agenda, insieme.

Come dovrebbe articolarsi una seria opposizione a questo governo di destra e con quali prioritari obiettivi?

Contro il Governo dei nostri peggiori incubi serve un’opposizione vastissima dentro e fuori dal Parlamento. Limpida nei messaggi come non è più da un’eternità. Grande come la voglia di chi non ha il tempo di perdere 5 anni solo in difesa. Dovremo esserci per dare voce a chi non ne ha, per impedire che diseguaglianze, ingiustizie e privilegi continuino a crescere.

Sappiamo che questa destra, decisa a demolire e demonizzare il reddito di cittadinanza, sempre impegnata per ridurre anziché aumentare la progressività fiscale, cercherà di andare in tutt’altra direzione. Serve un forte movimento di opinione per ribadire l’urgenza della transizione ecologica e dell’uscita dal fossile. Servirà tantissima forza per impedire l’arretramento dei diritti, ma anche per continuare a chiederne di nuovi: il matrimonio egualitario, le adozioni per i single, il congedo di paternità, lo ius soli

La maggioranza del Parlamento non sarà con noi, ma dobbiamo fare in modo che lo sia la maggioranza del Paese, riconquistare egemonia culturalesui temi che riguardano l’emancipazione e la liberazione delle persone. 

Una destra che ha preso consensi non tanto sul progetto politico ma sul modello di quanto avvenuto con il Grillo della prima ora. Reggerà o si sgonfierà in fretta?

Io credo che alcuni slogan (defiscalizzare, estendere la flat tax, abolire il reddito di cittadinanza, contenere l’immigrazione, tutelare l’interesse nazionale) abbiano fatto breccia eccome, soprattutto su alcuni strati sociali.

Detto ciò, è vero che ormai almeno da dieci anni viviamo una fase di estrema fugacità politica: l’intervallo fra l’ascesa e la caduta di un leader è brevissimo. Giorgia Meloni, a differenza di altri, arriva da forme di politica organizzata, di politica di base, di estrema destra, fortemente ideologizzata ma anche piuttosto strutturata. Il che potrebbe, chi lo sa, essere un elemento di resistenza e durevolezza. 

Se i leader vanno e vengono, non è lo stesso per le ideologie, le visioni del mondo che diventano senso comune. I liberisti sono stati culturalmente egemoni per tanti anni, dobbiamo evitare che lo diventino i sovranisti reazionari. 

Meloni sta sviluppando un’opera di rassicurante maquillage per governare. Il rischio di interventi sulla Costituzione e la crescita dell’estrema destra in Europa possono rappresentare un concreto pericolo per la democrazia?

Certamente sì. Basti pensare appunto alla volontà della destra di modificare la Costituzione in senso presidenzialista: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica significherebbe esautorare e porre sotto ricatto costante il Parlamento e concentrare nelle mani della più alta carica poteri smisurati, configurando una forma di autoritarismo molto pericolosa. 

L’estrema destra cresce ormai da anni in tutto il mondo occidentale. Ma resto convinto che cercare di contrastarla evocando il demone del “populismo” e opponendole più establishment, più tecnocrazia, più larghe intese e il minor grado possibile di radicalismo politico sia un errore capitale. È esattamente il contrario che si deve fare: contrapporre una proposta coraggiosa e avanzata, che rovesci lo status quo e gli equilibri (politici, sociali, di genere!), su come fronteggiare insieme crisi energetica, crisi sociale, situazione geopolitica e crisi sanitaria.

Cos’è l’antifascismo nel 2022?  Questo mentre c’è chi tende a far passare l’idea che si tratti ormai solo di frange di nostalgici assolutamente marginali? 

La memoria, e quindi l’antifascismo, è tante cose assieme e in realtà coinvolge tutti i piani temporali: passato, presente e futuro.

C’è il passato che deve essere sentito il più possibile come vivo..

Poi c’è il passato che vuole tornare e non può, non deve: le assurde minacce e gli slogan nazisti sulle porte di molti ebrei torinesi o nelle conferenze cittadine sono fatti recenti. Gli amministratori locali di Lega e Fratelli d’Italia che vengono colti a sfoggiare busti di Mussolini, a manifestare varie forme di nostalgia verso il nazi-fascismo sono un fenomeno tristemente frequente. Antifascismo allora è resistere a tutto questo.

Qual è il tuo pensiero sui Cinquestelle di Giuseppe Conte, ormai parte integrante del centrosinistra, e sul reddito di cittadinanza? Intanto il pentolone del Pd torna a bollire in attesa del congresso

Il Movimento 5 Stelle è ed è stato molte cose, anche nel corso della leadership di Conte. È soprattutto l’effetto di una politica molto contaminata dal marketing e volutamente camaleontica e indisponibile a definire chiaramente la propria parte, addirittura a utilizzare le categorie classiche di destra e sinistra.

Conte oggi arriva da una campagna elettorale giocata su slogan che sembrano molto distanti dalla stagione non solo del Conte I, ma anche del Governo Draghi (di cui ricordo che noi non abbiamo mai fatto parte) e io confido, come ho detto, che il potenziale per costruire insieme un’opposizione che abbia al centro la transizione ecologica, la redistribuzione delle ricchezze e i diritti delle persone ci sia. Tuttavia sarà solo la nostra capacità di costruire una collaborazione stabile con quei parlamentari più sensibili, più coerenti, più determinati in tal senso a garantire che si vada in tale direzione.

Il reddito di cittadinanza non solo va difeso, va ampliato. In un Paese con 5,6 milioni di poveri assoluti, senza Rdc, Rem e sussidi Covid avremmo avuto un milione di poveri in più dopo la pandemia. Lo dice Istat, perfino Bankitalia. È una forma di sostegno al reddito che esiste in tutta Europa. Solo qui la proposta di abolirlo può essere presa sul serio e diventare focus del dibattito pubblico e della campagna elettorale.

Tutti per la pace e la diplomazia, ma intanto la lotta degli ucraini sta comportando seri contrasti nella società controllata con il pugno di ferro da Putin…

A dire il vero, tutti hanno in bocca un linguaggio bellico, mentre di diplomazia non si sente nemmeno l’odore. Vedere l’offensiva di Putin in forte difficoltà non può non farmi piacere, comprendo le richieste ucraine di maggiori armamenti, ma io e il mondo politico da cui provengo siamo, come noto, convinti sostenitori di un pacifismo radicale. D’altra parte è da lì che veniamo, dalle mobilitazioni di massa per la pace e dalle marce Perugia-Assisi dei primi anni 2000. Se davvero quel movimento fosse diventato “seconda potenza mondiale”, come si diceva allora, oggi forse non saremmo qui.

Ecco perché crediamo nel metodo della trattativa a oltranza, che non può darsi senza un “cessate il fuoco” generale. Nel momento stesso della brutale aggressione della Russia all’Ucraina, avremmo voluto vedere l’Italia e l’Europa impegnate seriamente per il dialogo multilaterale, il disarmo globale e la ricerca di un nuovo equilibrio nell’intera regione. Questo non è avvenuto, perciò non sapremo mai nemmeno se avrebbe dato dei frutti o sarebbe stato vano. Il tema che ha preso la scena è stato subito quello della fornitura di armi, seguito dal riarmo generale e dall’aumento delle spese militari degli stessi Paesi europei, mentre l’Europa avrebbe dovuto mettere in campo una “escalation di pace”, ossia una via diplomatica alternativa all’escalation militare.

Ultima domanda. Questo vento, anzi tempesta, di destra che sviluppi potrà avere su Torino?

Quella che a volte per semplicità chiamiamo “onda nera” qui non c’è stata. In generale Fratelli d’Italia ha cannibalizzato il centrodestra in tutta Italia. Il vero problema è che, mentre noi crescevamo, il PD perdeva terreno. Altro che tigri, bastavano degli occhi di gatto. 

Detto ciò, non è certo tempo di fermarsi a guardare indietro. La crescita della sinistra rosso-verde è ancora all’inizio, è segno che chi ha votato ha premiato un metodo, fatto dell’esperienza delle tante liste della sinistra ecologista nate non solo a Torino, ma anche negli altri comuni della Città Metropolitana, delle energie nuove che le hanno animate, del radicamento delle candidate e dei candidati nei territori e in battaglie vere. 

Ieri Piazza Castello era piena. Di donne e giovani che non vogliono una società reazionaria e chiusa. Questo è un bel vento ed è lui a dover diventare tempesta.

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