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martedì, 3 Dicembre 2024

Lo svuota banche greco

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Moreno D’Angelo

Dal giorno del successo del Tsipras a oggi (ovvero tre giorni), le banche greche hanno perso 10 miliardi di euro. La borsa di Atene ha perso il 44% (dato è legato al crollo delle quotazioni dei titoli bancari). Crollo accentuato con l’elezione del nuovo governo. Gli investitori hanno paura della minaccia di nazionalizzazioni e, anche se non si arrivasse a tanto, di politiche fortemente rigide sul controllo dell’operatività degli istituti di credito in programma con il nuovo esecutivo ellenico.
Dopo tutto il governo risulta di fatto proprietario di un rilevante pacchetto di azioni degli istituti di credito e le voci su un suo maggiore intervento e controllo sono di fatto viste come la premessa di un processo di fatto di nazionalizzazioni anche se formalmente non dichiarato.
Questo drammatico crollo ha vanificato per il momento l’ipotesi di ripresa nel settore. Qualche risultato lo si era ottenuto ricorrendo a massicci aumenti di capitale e relativa vendita a mani basse di azioni per 11,5 miliardi di dollari. Alcuni titoli hanno raggiunto valori davvero marginali. Tutto questo alimenta una ovvia forte volatilità del mercato con rimbalzi che possono sfiorare il 10% in poche ore. Un quadro buono, ma ad alto rischio, per gli speculatori più intraprendenti mordi e fuggi. Una specie di saloon per predoni della finanza dove le istituzioni finanziarie locali perdono ogni risorsa, sia in termine di capitale di garanzia sia per le loro limitate disponibilità di flussi finanziari in grado di avviare ogni discorso di supporto a una economia già disastrata. A scatenare una vera e propria fuga dalle azioni greche vi sarebbero anche le indicazioni del governo di Alexis Tsipras per un blocco dei processi di privatizzazioni di società pubbliche. Ovviamente un quadro simile rende ancora più difficili i discorsi relativi alle rinegoziazioni riguardanti i piani di salvataggio auspicate da Atene.
Ai pesanti disagi vissuti da tanti cittadini e famiglie in Grecia, cui sono spesso negati anche servizi sociali essenziali nel campo medico e assistenziale, si aggiungono le difficoltà di molti operatori economici. I conti delle banche affondano (con uno scenario già visto in diverse crisi finanziario economico nel mondo) in un mare di partite incagliate, prestiti che di fatto non verranno mai restituiti, mentre il valore del proprio capitale, fondamentale strumento di garanzia, va in caduta libera.
Oltre alla tanto bistrattata troika e agli oligarchi della finanza europee in Grecia, Atene punta anche il dito contro i protagonisti interni di una gestione del credito molto allegra e caratterizzata spesso da logiche di favore “personale” che poco si basavano sulla sussistenza di reali garanzie alla base di una ordinaria operatività creditizia, (fenomeno certo non sconosciuto nel nostro Paese).
Risultato: un’ennesima valanga di crediti inesigibili che fa da contorno al dramma di miriadi di poveri e di famiglie che vivono in condizioni sempre più difficili.
Intanto i depositi bancari continuano a scendere. Sempre più persone, spaventate e sfiduciate, per prevenire brutte sorprese si recano in banca a prelevare i loro risparmi. Un’altra mazzata per le banche greche e la loro operatività. Un quadro impensabile in un’Europa moderna.
Nonostante il massiccio voto a Tsipras, espressione di orgoglio e reazione popolare all’austerity imposta, i greci hanno ben presente che senza i soldi dell’Europa non si va avanti partendo dal persistere di dati finanziari pesantissimi che continuano a aggravarsi.
Romano Prodi, intervenendo su Radio Rai dalla Cina, in polemica con le linee prevalenti nel cuore dell’Europa, affermò che la Grecia si sarebbe dovuta salvare subito con un intervento mirato e massiccio. Ogni giorno di ritardo ha solo complicato il quadro di chi andava aiutato e di chi sarebbe dovuto intervenire.

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