Quando qualcuno a sinistra diceva che la Lega di Bossi era un soggetto politico di destra che concorreva a disarmare le coscienze, a imbarbarire la politica e a seminare l’odio razzista, si era sentito accusare di intolleranza, poiché il movimento fondato dal Senatur era schiettamente popolare, capace di raccogliere il profondo malcontento che serpeggiava nel Paese.
Eravamo a cavallo degli anni Ottanta-Novanta. Ci fu addirittura chi a livello massimo dell’allora Pds definì la Lega: «Una costola della sinistra».
Non rifaccio qui la storia di questi ultimi vent’anni. Oggi voglio solo sottolineare una fresca notizia apparsa sui giornali stamane: il candidato alla guida del movimento della cosiddetta Padania, Matteo Salvini, deputato europeo, ha annunciato di essersi incontrato con Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese e con gli analoghi caporioni austriaci, olandesi, belgi, baschi e fiamminghi e con tutti i gruppi parafascisti europei che si battono contro l’immigrazione, l’euro, il trattato di Maastricht e vogliono cancellare quello di Schengen.
«C’è un terreno comune da coltivare tra di noi», ha dichiarato Salvini, l’uomo che aveva proposto la separazione dei posti a sedere sui mezzi pubblici della sua città tra milanesi e gli immigrati di qualsiasi colore fossero, bianchi, neri, gialli.
Per le prossime elezioni europee queste formazioni della destra populista e nazionalista intenderebbero federarsi con l’obiettivo di portare a Strasburgo almeno venticinque parlamentari di sette nazioni diverse riuniti in un solo gruppo antieuropeista.
Chissà se tra i Pd piemontesi c’è ancora qualcuno come negli anni scorsi che pensa possibili accordi di governo locali con la Lega?
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