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sabato, 14 Settembre 2024

Il partito della nazione è una baggianata, punto e a capo

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di Mario Sechi

Come il sonno della ragione genera mostri, così il silenzio della politica genera bestialità, buone solo a far la felicità e la fortuna di qualche cronista a caccia del gossip scoop del secolo, ma dalle quali davvero non può venite nulla di buono.

Ovviamente è del tutto legittimo che un quotidiano prestigioso decida di intervistare, a proposito delle elezioni per il sindaco di Torino, Michele Vietti, ma è altrettanto evidente che se sulle elezioni nel capoluogo piemontese Michele Vietti può fare titolo e notizia, allora davvero qualcosa, anzi molto più di qualcosa, non funziona.

Il Partito della nazione non esiste, non è all’ordine del giorno e certamente non è Torino il luogo dove esso può essere sperimentato.

Ma è il silenzio della politica, in particolare il silenzio del Partito Democratico torinese e piemontese, la sua incapacità, al momento, di porre al centro dell’agenda politica la sua proposta per il futuro governo della città, dichiarando la propria visione, gli obiettivi, le scelte, le priorità, gli interpreti, a consentire a ipotesi politiche dell’irrealtà, come il partito della nazione, di essere prese in considerazione.
Eppure non dovrebbe essere così difficile: il Partito Democratico dispone di un candidato non solo solido ma solidissimo, con un profilo ed un prestigio neppure lontanamente comparabile a quello dei suoi prossimi avversari; può vantare un’esperienza di governo della città che ha saputo raggiungere risultati straordinari ormai ovunque riconosciuti e che ha dimostrato, con le proprie scelte in ogni campo, dalle politiche sociali a quelle educative, da quelle ambientali a quelle per l’integrazione e l’accoglienza, sino a quelle, di grande attualità che riguardano pari opportunità e diritti civili un inequivocabile ed incontestabile profilo di sinistra. Un profilo di sinistra che ha saputo convincere e conquistare consenso anche in larga parte dell’elettorato che di sinistra non è e di esercitare, e non certo da oggi, una forte attrazione nei confronti di molti esponenti politici provenienti dal centro moderato, sia quello di ispirazione cattolica che liberale.

Basterebbe ripercorrere l’esperienza dei dieci anni di sindaco di Sergio Chiamparino per rendersene conto, così come basterebbe riflettere sul percorso e la storia politica di un movimento, nato proprio a Torino, come quello dei Moderati di Giacomo Portas.

Se ne faccia una ragione, quindi, Michele Vietti e con lui i naufraghi dispersi nell’affondamento del berlusconismo, in evidente e comprensibile ricerca di una zattera, quale che sia, pur di rimanere a galla. Liberi di sostenere Fassino e la coalizione guidata dal Partito Democratico, nessuno d’altra parte può impedirglielo, ma da qui a immaginare che il loro sostegno possa produrre una mutazione nel profilo politico del Partito Democratico o della coalizione che sosterrà Piero Fassino ce ne corre abbastanza da consigliar loro di lasciar perdere.

Allo stesso modo, però, se ne facciano una ragione anche coloro che pensano di cavalcare questa bufala del partito della nazione per rosicchiare qualche voto nell’elettorato di sinistra e giustificare la loro ingiustificabile scelta di rompere qui a Torino l’alleanza di centro sinistra.

Ho letto le dichiarazioni, davvero strumentali, di Marco Grimaldi sulle ipotesi di sostegno a Fassino da parte di esponenti del centro destra e in particolare del vice presidente del consiglio comunale Silvio Magliano. Mi hanno colpito in particolare i suoi riferimenti sul ruolo di Magliano nel movimento omofobo delle sentinelle in piedi. Premesso che francamente non capisco come Magliano, dopo cinque anni di opposizione alla Giunta Fassino, possa decidere ora di sostenerlo e premesso che non capisco come egli, convinta sentinella in piedi, possa oggi immaginare di schierarsi a fianco del Pd cha propone e farà approvare la legge sulle unioni civili, l’ultimo a poter usare questo argomento per giustificare la rottura con Fassino ed il Pd è certamente Grimaldi, al quale come è noto la compagnia di ben più note sentinelle in piedi, come Marco Calgaro, non impedì di accomodarsi nel listino per Chiamparino e di giovarsi anche de suoi voti per arrivare in Consiglio regionale.

Ma soprattutto è auspicabile che a rendersi conto di quanto inutili e dannosi siano tali percorsi innaturali di alleanza politica ed elettorale con movimenti o esponenti di centro destra, sia in primo luogo il nostro candidato sindaco e con lui il gruppo dirigente torinese del Pd.

E’ questa una strada sbagliata e portatrice di soli guai; una di quelle strade, quali che siano gli argomenti di qualche suo interessato sostenitore dentro il PD, che è meglio non percorrere.

Non ha ragioni politiche comprensibili, non ha alcuna motivazione neppure di carattere più locale e amministrativo e non si giustifica neppure dal punto di vista della tattica elettorale, per quanto cinica e spregiudicata essa possa essere. Tradotto in parole più semplici, non porta voti, al contrario porta argomenti e sostenitori al più accreditato dei competitor di Fassino, a meno di pensare che l’avversario da indebolire, quello al quale sottrarre consenso per non trovarselo di fronte in un eventuale ballottaggio sia lo scalcagnato centro destra torinese e non il movimento cinque stelle. Se davvero fossi più cinico e più attratto da spregiudicate tattiche elettorali, direi che casomai occorrerebbe fare il contrario.

Non sono certo un esperto di sondaggi e di orientamenti elettorali e non possiedo le lucide certezze di alcuni commentatori, ma continuo a ritenere poco credibile l’annunciata cavalcata trionfale dei 5 Stelle nostrani verso il piano nobile di Palazzo Civico.

Mi vien davvero difficile pensare che gli elettori torinesi si affidino, a maggioranza, al nulla politico e programmatico per fare un dispetto a Piero Fassino o a Matteo Renzi o che l’elettorato di sinistra di questa città volti le spalle a Fassino e al Pd perché affascinato dai modi così tanto per bene, la provenienza da buona famiglia e i trascorsi bocconiani ( quelli li hanno anche Fassina e Monti il che non mi pare di per sé titolo di merito) di una candidatura tutta costruita sull’immagine della “grillina dal volto umano” e sul profilo di progressista alternativa e di movimento che tanto piace alla nostra sinistra di collina e di happy hour. Sinistra questa di cui è noto peraltro il peso elettorale.

Insomma, io ho la personale convinzione che, almeno qui a Torino, i seguaci di Grillo e Casaleggio non abbiano le condizioni per vincere; se la giocano certamente, sarebbe stupido non ammetterlo, ma non vincono. A meno che il Partito Democratico non ci metta del suo, facendosi prendere da qualche isteria elettorale e correndo dietro a baggianate come quella del partito della nazione o dei laboratori di Michele Vietti.

Ecco, appunto, lasciamo perdere, evitiamo di farci del male.

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