Maria Bigliani, la donna di 65 anni, di origini ebree, figlia di una staffetta partigiana, che ieri a Torino sui muri dell’androne, ha trovato la scritta antisemita: “Crepa sporca ebrea”, senza simboli o altro, scritta con mano incerta.
«Per ora non cancellerò la scritta. Voglio lasciarla come testimonianza di un gesto razzista, che non dovrebbe più accadere. Nella mia vita – aggiunge – di battute stupide e razziste ne ho subite, ma ho sempre risposto per le rime. Mia madre mi avrebbe detto “denuncia” ed è quello che ho fatto».
«Non ho idea di chi possa essere stato. – prosegue Maria Bigliani – Di certo la politica internazionale crea confusione. C’è confusione tra la politica di Israele, di Netanyahu, uomo di estrema destra che porta avanti una politica violenta. E tra chi è di origine ebraica. Non bisogna confondere la politica con le persone, questo tipo di politica con l’essere ebreo».
Nel pomeriggio circa 200 persone si sono ritrovati vicino alla chiesa Gran Madre in segno di solidarietà alla donna. Al presidio hanno partecipato anche l’Anpi e della Comunità ebraica.
Sulla cancellata della chiesa sono stati appesi due striscioni riportanti le scritte “Il fascismo è un crimine. Torino è antifascista” e “Mai più fascismi a Torino”.
«Al di là della presenza di soggetti con nostalgie fasciste, si stanno sviluppando fenomeni che in questi decenni di storia democratica non avevamo ancora conosciuto, come questa modalità di aggredire sulla porta di casa. Fatti come questi hanno il sapore e il colore di altri momenti della storia, delle leggi razziali del ’38», dice Mariagrazia Sestero, presidente dell’Anpi Torino. «È come – aggiunge – se nella nostra società si fossero sguinzagliate forze aggressive e pericolose che individuano persone come nemiche da perseguitare».
Per Dario Disegni, il presidente della Comunità ebraica, le scritte antisemite lasciate a Torino e Mondovì «sono episodi isolati ma gravissimi, inquietanti perché sono figli di un clima d’odio e di intolleranza che nell’ultimo periodo si è verificato nel Paese».
«È grave dovere prendere atto di una divisione nemmeno più strisciante che attraversa e separa le nostre case, i nostri dialoghi civici, religiosi istituzionali – dice l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia – È il momento di fare un passo indietro, verso la terraferma solida della convivenza condivisa, abbandonando la palude di chi fomenta odio e intolleranza, di chi lascia che i mass media moltiplichino all’infinito i messaggi insensati di individui che non conoscono altro modo di sentirsi vivi se non quello della violenza».