La vicesindaca e assessora al Welfare di Torino, Sonia Schellino ha risposto in consiglio comunale sui senza fissa dimora accampati fuori da Palazzo di Città.
“In piazza Palazzo di Città ci sono persone che sono lì in modo pretestuoso, che hanno detto di non aver bisogno quando glielo abbiamo chiesto lunedì o che già conosciamo, alcune espulse dai dormitori, anche gestiti dalle stesse associazioni che oggi ci scrivono per sollecitare una soluzione, o altre che erano state inserite in percorsi e li hanno abbandonati”.
“Se non ci fosse stata tutta questa bagarre, e una maggiore collaborazione, sarebbe stato più semplice e avrebbe aiutato a velocizzare le cose”, aggiunge Schellino.
“Dalla chiusura del dormitorio di piazza d’Armi la Città ha offerto soluzioni a 10 persone e la Prefettura ha collocato altri sette uomini in un Cas. A chi lo richiedesse – ha aggiunto – e se in possesso dei requisiti necessari per l’accesso a un dormitorio, ci sono ancora dei margini di inserimento”.
“Per una grande città come Torino – conclude – il tema dell’accoglienza indiscriminata di persone non in regola con i documenti o che non vogliono aderire alle regole di un dormitorio e della crescita della domanda di spazi dormitorio in generale, sono problemi da affrontare su scala più ampia di quella cittadina, con fondi dedicati e la collaborazione più stretta con il sistema sanitario”.
“La struttura temporanea di piazza d’Armi – ha spiegato la vicesindaca – non è un dormitorio, ma un sito umanitario “salva vita”, allestito solo per il periodo invernale, per affrontare il freddo, in cui si può entrare senza esibire documenti, qualunque condizione si abbia. Si deroga alle regole consuete – ha aggiunto – per garantire un’accoglienza dignitosa a chiunque”.
“Il presidio è stato gestito dalla Croce Rossa sino allo scorso 3 maggio e non è stato possibile prorogarne l’apertura – ha affermato Schellino – per ragioni sanitarie e di sicurezza”.
Proprio per le esigenze legate al Covid, sono però stati aumentati gli spazi e i numeri dei posti letto nei dormitori, accogliendo anche le persone che si trovavano in piazza, disponibili a entrarci o a partecipare ad altri programmi di accoglienza. Sono inoltre stati posizionati bagni chimici nel territorio cittadino, anche in prossimità di piazza Castello.
“Per tutelare la salute di tutte e tutti – ha aggiunto la vicesindaca – vengono effettuati tamponi prima di accedere ai dormitori, in collaborazione con Unità di Crisi e Croce Rossa”.
“Servono però fondi dedicati – ha concluso – e una più stretta collaborazione con il sistema sanitario e l’area metropolitana, dato che la metà degli utenti arriva da fuori Torino”.
Dopo le parole della vicesindaca il dibattito, a cui ha partecipato la capogruppo del Movimento Cinque Stelle Valentina Sganga: “La tendopoli di fronte al Comune resta impressa nella mente e negli occhi. L’assessora ha affrontato le difficoltà pragmaticamente, ma non può risolverle il solo Comune. Dobbiamo fare rete con Prefettura, Terzo settore, cooperazione e Protezione Civile, per regolarizzare i documenti, per allestire spazi di accoglienza idonei e servizi sanitari. E il Comune deve farsi parte attiva e contribuire a dare risposte anche dove non ha competenze dirette”.
Per Francesco Tresso (Lista civica per Torino) “la chiusura del sito umanitario di piazza d’Armi andava valutata tenendo conto della nuova emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. La Città deve coordinare le attività, ascoltare e coordinare le reti virtuose che l’associazionismo sta attivando. Occorre trovare soluzioni nuove, per tutte le persone in difficoltà, bisogna attivarsi per ottenere tamponi, per tutelare la situazione igienico-sanitaria delle persone accampate in piazza, trovare soluzioni abitative, incrementare i bagni pubblici, provvedere all’emergenza alimentare”.
Secondo Eleonora Artesio (Torino in Comune): “Se si doveva chiudere piazza d’Armi, perché non lo si è fatto prima, verificando le alternative praticabili? Forse perché si sperava che le persone di disperdessero da sole, diventando invisibili per la Città di Torino, ma non è stato così. Mi auguro giovedì in IV Commissione si affronti il problema, individuando forme di cooperazione e coordinamento per dare una risposta diversa dalla strada”.
“Con la pandemia si doveva cambiare approccio, ma non lo si è fatto – ha detto Maria Grazia Grippo del Partito Democratico – Si è agito troppo tardi. Mi aspettavo almeno un’ammissione degli errori commessi da parte dell’assessora Schellino e della sindaca. C’è una responsabilità diretta da parte del Comune, che avrebbe dovuto cercare soluzioni alternative prima della chiusura di piazza d’Armi. La situazione ora è precipitata: basta andare in piazza Palazzo di Città per rendersene conto. Chiediamo che l’Amministrazione rimedi ai propri errori e trovi soluzioni concrete. È in gioco la salute di tutta la comunità.
“Il Covid ha messo in luce tutte le mancanze del sistema sociale, soprattutto a livello comunale – ha sostenuto Deborah Montalbano (DemA) – La riscossa degli ultimi e la rivoluzione politica che erano state promesse non ci sono state. E ora è scoppiata la bomba nei dormitori e in piazza d’Armi. Si poteva almeno portare cibo e si doveva ragionare prima della chiusura del presidio sulla futura sistemazione degli ospiti: sono indignata per questa gestione!
Dopo il dibattito l’assessora Schellino ha precisato che in piazza Palazzo di Città non ci sono solo persone che dormivano in piazza d’Armi, e che si sta cercando di sistemare in altre strutture, ma anche persone espulse dai dormitori gestiti da associazioni, persone che hanno rifiutato sistemazioni e altri casi particolari.
Ha poi precisato che i bagni collocati davanti al Municipio non sono a norma, mentre sono attivi bagni chimici ai Giardini reali, e che le mense per la distribuzione del cibo sono operative. Infine – ha concluso – sono ancora disponibili posti nei dormitori comunali.