Si sono tolti la vita tre soldati israeliani che hanno preso parte al conflitto nella striscia di Gaza della scorsa estate. E le loro morti si aggiungono a quelle di un riservista che proprio nei mesi dei bombardamenti nei territori palestinesi si era ucciso nella base militare a cui faceva capo.
Secondo le fonti tutte e tre i soldati apparteneva alla brigata di fanteria in servizio a Givati, dove sono avvenute alcune delle azioni più cruente e sanguinarie del conflitto. Tutti e tre si sarebbero sparati con le pistole di ordinanza.
Ma il gesto estremo di questi soldati non è il solo fardello che l’ennesima guerra nei territori di Gaza porta con sé peri combattenti. Infatti, molti dei militari israeliani si sono dovuti affidare alle cure di uno psicologo per curare lo stress post traumatico derivato dai due mesi di combattimenti.
Una condizione, come ha spiegato l’ufficiale medico dell’esercito israeliano, che dura per dei mesi dopo la fine del conflitto e che coinvolge un numero imprecisato di soldati, causando stress e tensione come se si stesse ancora combattendo.
Tuttavia per il governo israeliano l’esercito non è mai stato meglio. Infatti nel 2013 sono “solo” sei i suicidi commessi dagli uomini, tra quelli di leva e gli arruolati. Anche se tutto ciò è dovuto al fatto che ai soldati sono state imposte molte restrizioni per quanto riguarda il possesso delle armi.