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giovedì, 5 Dicembre 2024

Con i musei gratis Torino sfidi la capacità attrattiva del Salento in cultura e turismo

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Federica Scanderebech
Il Ministro Italiano dei Beni Culturali Dario Franceschini, presente in questi giorni a Torino al blindatissimo summit europeo sulla cultura, propone al sindaco Fassino di mantenere aperti e gratuiti i musei civici della nostra città una domenica al mese.
L’idea va perseguita anche con tutte le difficoltà del caso e le perdite sulle entrate che ne potrebbero derivare. Il patrimonio culturale della nostra città è giusto che sia accessibile a tutti anche alle fasce meno abbienti e perché no ai turisti della domenica, va valorizzato facendolo conoscere e ammirandolo.
Bisogna prendere spunto da chi i turisti li attrae in quantità davvero considerevoli mantenendo viva la cultura e le tradizioni. Ecco perché il mio pensiero vola veloce al Salento.
Infatti, chi lo ha visitato durante l’estate o negli anni passati, ha potuto notare l’attrattività di questa terra.
Il turismo è la sua fonte primaria di incassi e sopravvivenza, grazie alla bellezza delle sue città, alla cultura libera e gratuita visitabile senza spendere un euro, ma non possiamo neppure dimenticare la valorizzazione del patrimonio folcloristico (come la danza della pizzica ballata liberamente in tutte le piazze in occasione di feste e sagre e che viene anche insegnata in tutte le scuole), e la bontà della tradizione culinaria, oltre alla bellezza paesaggistica e naturalistica.
Chi conosce il Salento se ne innamora, dal territorio alla cultura. Inevitabile poi non associarlo subito al barocco leccese in tufo salentino, alla pizzica, alle sagre, alle frise, alle orecchiette alle cime di rapa, ai panzerotti, ai mustaccioli, ai pasticciotti accompagnati dal caffè in ghiaccio e latte di mandorle, alla pizzica e al dialetto. E l’elenco potrebbe continuare per ore e ore. Ragione ha il ministro Franceschini nell’evidenziare in questi giorni la bellezza artistica della nostra città e a elencare le potenzialità non sfruttate che potrebbero fare esplodere il turismo torinese.
La Sindone, il Museo Egizio, la Reggia di Venaria, solo queste basterebbero per incrementare i visitatori stranieri in città se sponsorizzate e promosse su siti web come avvenuto appunto nel Salento per le “Maldive del Salento” porzione di spiaggia in località Pescoluse che un tempo era molto bella perché poco conosciuta, ma che oggi dopo il boom di turisti è diventata una qualsiasi spiaggia affollata e poco confortevole ma famosa in tutta Italia grazie a internet.
La nostra città ha bisogno dell’aiuto dell’università per studiare un gruppo di lavoro di giovani intraprendenti che viaggiando abbiano appreso la cultura del mondo e siano dinamici nel proporre da che parte cominciare per valorizzare al meglio il patrimonio di Torino.
La mia accusa a chi ha nel tempo ha amministrato la città e la nostra regione è di non aver saputo col tempo tramandare anche le nostre tradizioni: il dialetto piemontese, a Torino in particolare, non è più quasi del tutto parlato, Gianduja e Giacometta i nostri ragazzi a malapena sanno che fisionomia abbiano, il nostro ballo tipico nessuno o ben pochi lo conoscono.
Siamo forse più fortunati se esploriamo il mondo culinario piemontese, ma se riflettiamo stiamo facendo morire una cultura senza neppure accorgercene solo perché non siamo capaci di valorizzarla come dovrebbe.

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