La cultura genera a Torino l’8,6 per cento del valore aggiunto e l’8,2 dell’occupazione: tra tutte le città metropolitane italiane, solo a Roma e Milano (e Arezzo, per l’occupazione) si hanno valori maggiori. Analizzando i dati nell’arco di vent’anni, è possibile osservare come i musei torinesi abbiano all’incirca quadruplicato il numero di visitatori, passando da 1.216.454 visitatori nel 1998 a 4.964.769 nel 2019. Il settore cinematografico torinese riporta, nel 2019, dopo due anni di lieve diminuzione sia a livello comunale sia a livello di città metropolitana , rispettivamente -4,7% e -6,8% spettatori; una ripresa (+6,1% e +10,4% spettatori) fenomeno in linea con i valori nazionali. Gli eventi fieristici torinesi, realizzati nel 2018, sono quasi triplicati rispetto ad una decina di anni fa, passando, infatti, da 3 eventi del 2009 agli 8 del 2018; il capoluogo piemontese si posiziona in quinta posizione (a pari merito con Firenze) nella graduatoria delle città italiane in cui si registra l’allestimento di eventi fieristici.
Sono i numeri dell’ultimo Rapporto Rota che sono stati messi sul tavolo di lavoro per la cultura, il teatro, la danza e il cinema, organizzato dalla coalizione di centro sinistra che, con Agenda Torino 2031 sta imbastendo linee programmatiche per il futuro candidato sindaco. “Un lavoro che deve essere fatto per tempo – sottolinea il coordinatore Daniele Valle – affinchè si possa arrivare pronti alla competizione elettorale, forti di proposte ragione e sulle quali c’è stata convergenza di opinione e di visione. Evitiamo in questo modo quello che apparirebbe una passerella elettorale, se fatto troppo tardi e a ridosso delle urne”.
Nicoletta Daldanise, Francesco Astore e Francesca Druetti, coordinatori del tavolo hanno sottolineato i bisogni deisettori pesantemente danneggiati in questo periodo covid. “Nel primo periodo di lockdown sono state di 14milioni le perdite per il cinema, stessa cifra per gli spettacoli del vivo. Solo il 33 per cento ha avuto accesso agli ammortizzatori sociali” sottolinea Daldanise.
“Una società che non sostiene l’arte e la cultura si priva della creazione di una visione collettiva, da cui non si può prescindere nel processo di ricostruzione che stiamo attraversando – rincara il documento – I musei, i teatri, i cinema, le biblioteche e tutti i centri culturali sono luoghi pubblici al servizio del pubblico, luoghi per la conoscenza e l’incontro lungo l’arco della vita. Scuole e strutture culturali nel contesto sociale in questo momento hanno il dovere di affermare a viva voce che le relazioni instaurate nel tempo, non sono sporadiche, ma si basano sul principio di sussidiarietà e di corresponsabilità, sulla condivisione e co-progettazione di azioni rivolte all’individuo e ai suoi bisogni. In altre parole, l’arte e la cultura sono essenziali alla vita”.
I problemi sono diversi e variegati, ed in generale il settore soffre, e soffrirà in futuro se non vi si pone rimedio, diverse criticità: dalla mancanza di fondi alla poca specializzazione, Torino si colloca all’ultimo posto tra le città metropolitane per numero di addetti al settore cultura e tempo libero rispetto al totale del terziario. Un ulteriore elemento di criticità è la dimensione delle realtà culturali: Rispetto alla dimensione economica, il 58 per cento dei soggetti ha un fatturato annuo inferiore ai 100 mila euro, a testimonianza di una prevalenza di piccole organizzazioni che animano l’offerta culturale del territorio. Questo rende il mondo culturale particolarmente fragile e precario, oltre che parcellizzato.
Si confrontano sul tema le diverse esperienze sul territorio nazionale, da Bologna a Firenze. Matteo Lepore, assessore alla cultura di Bologna, evidenzia “la centralità delle politiche culturali per sostenere un’idea di cittadinanza, che la rafforza. Abbiamo concentrato le risorse sui calendari estivi,perchè vengono realizzati i festival. Abbiamo valorizzato i quartieri, coi festival di caseggiato.
Abbiamo messo in campo una grande campagna di sensibilizzazione verso i privati affinchè non tagliassero i fondi. Abbiamo potuto realizzare tremila appuntamenti tra giugno e ottobre con 500mila persone intervenute. Dai burattini fino al cinema in piazza. E’ vitale investire nelle realtà creative”.
Fabio Naggi di Agis, ha “ben presente quante disuguaglianze stiano emergendo in questo periodo, specie sotto il punto di vista della povertà educativa. Che è trasversale. Il punto centrale è la difficoltà all’accesso dell’offerta culturale. Dobbiamo ricostruire la coesione sociale, ripensando le forme di relazione tra le persone e in questo ambito la nostra funzione è profonda”. In quanto alla realizzazione dei progetti “corriamo il rischio che la carenza di organico dovuto al turn over mancato e ai pensionamenti nell’Amministrazione possa penalizzare la realizzazione di programmi che hanno bisogno delle persone per essere concretizzati”.
Propositivi, a partire dalle proprie esperienze, gli interventi di Stefania Rosso, di Antonella Parigi e di molti altri che hanno voluto portare il proprio contributo.
Alcune delle idee propongono un progetto pilota Siae free sotto le 100 persone: Torino potrebbe sviluppare un progetto pilota al fine di rendere per 2/3 anni la Siae per i piccolissimi eventi gratis. Il costo per la Siae potrebbe essere concordato dalla Città.
Si chiedono la creazione di nuovi spazi, sviluppo di un sistema di public stages in città collegato al mondo delle imprese, il rinnovo degli statuti e i regolamenti dei grandi Istituti Culturali quali Regio e Stabile. “Se non spetta alla politica decidere cosa devono fare gli istituti culturali – viene specificato nel documento – deve essere chiaro però a chi dirige soggetti fortemente finanziati con risorse pubbliche il mandato di coinvolgimento, valorizzazione e sostegno che essi hanno nei confronti del territorio e dei comparti culturali di cui essi sono parte centrale. Il modello è quello degli istituti culturali mitteleuropei e statunitensi, che normalmente sviluppano attività di emersione e di arricchimento culturale nei territori, anche i più complicati”.
Non deve mancare il coordinamento tra gli enti locali. Regione e Città di Torino dovrebbero collaborare all’impostazione di un progetto culturale di ampio respiro, con un palinsesto condiviso e comunicato efficacemente, che non si esaurisca con singole attività, ma che punti a far nascere sul territorio una nuova proposta di welfare culturale, anche in riferimento al prossimo settennato dei finanziamenti europei, il Programma Operativo Regionale, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e al Recovery fund (fondo di recupero europeo per la ripresa dalla crisi).
Non ultimo il capitolo dedicato alla solidarietà, visti i tempi. Tutte le realtà a partecipazione pubblica, comprese le fondazioni bancarie che hanno al loro interno rappresentanti degli enti pubblici, secondo le proposte “dovrebbero predisporre percorsi di accesso alle loro strutture gratuiti e in sicurezza, su richiesta delle realtà culturali in crisi e a rischio di chiusura, per salvaguardare la molteplicità dell’iniziativa culturale in quanto bene comune”.
Non ultimo, la congruità ed equilibrio del distanziamento sociale nei diversi ambiti di attività dei cittadini negli spazi pubblici e analisi delle criticità sul piano economico e sociale. Per gli operatori che svolgono attività a contatto con il pubblico, vengono chiesti esami virologici facilitati che consentano il proseguimento sicuro delle attività.
Infine, esigenza rafforzata dal confronto con le altre città, il ritorno ai bandi, uscendo dal sistema torinese che organizza in proprio eventi a pagamento.