di Moreno D’Angelo
«Le concorrenti sono città splendide e famose ma Settimo rappresenta un paradigma diverso e speriamo che la Commissione sia coraggiosa». Elena Piastra, vice sindaco di Settimo Torinese, Comune alle porte di Torino, è speranzosa alla vigilia della proclamazione della capitale della cultura 2018 che vede Settimo tra le dieci finaliste per questo ambito titolo
Per capire la scelta di Settimo bisogna leggere la storia di questo Comune di 50 mila abitanti dall’importante passato industriale. Intorno a questo Comune a partire dalla strada che la collegava ai campi e i casermoni di Torino Nord era un susseguirsi di realtà importanti dell’indotto Fiat e non solo. Tanti fabbricati che hanno dato lavoro a molti lavoratori provenienti dal sud. Ma le cose sono molto cambiate in questi anni è il Comune è diventato come un esempio un fiore all’occhiello per molti fattori che si possono sintetizzare con le parole accoglienza, vivibilità e soprattutto cultura in realtà difficili come quelle delle periferie. Elena Piastra precisa con orgoglio come Settimo rappresenti un modo concreto di rispondere a problematiche quanto mai attuali come il ripensamento delle periferie, l’integrazione e l’accoglienza, l’industria 3.0, il post industriale e la diffusione della cultura.
Settimo Torinese è uno dei centri più importanti nell’accoglienza dei profughi. Inoltre il non semplice rilancio post industriale viene ben rappresentato da quei capannoni abbandonati che sono diventati centri culturali, spazi per l’arte e biblioteche. Il cenno alle biblioteche è quanto mai significativo alla luce del fatto che a Settimo si registra il maggior numero di libri prestati di tutto il Piemonte. Dietro queste operazioni vi è il segno di trent’anni di investimenti in cultura e un modello di riqualificazione urbana che tra i più importanti d’Italia.
«Sarebbe un’occasione straordinaria – conclude Elena Piastra – non solo per noi, ma anche per tutto il nostro Paese, fare di Settimo il simbolo di una nuova idea di cultura contemporanea che guarda al futuro invece di raccontare il passato».