Nell’immaginario collettivo, anche per coloro che non amano lo stile di Paolo Sorrentino, la scena de “Il Divo” nella quale il nome di Giulio Andreotti non riuscì ad ottenere il via libera per l’elezione a presidente della Repubblica, in quel brusio di chiacchiericcio e compromesso, è la più immediata ed esemplificata fotografia che si possa associare a quel che sta avvenendo oggi a Roma. Lo scenario odierno, ubicato però su un piano evidentemente reale, non è così irrealistico pensare che sia troppo differente, laddove si incrociano le tattiche dei carrozzoni della partitocrazia e si celano le concrete intenzioni degli attori presenti nell’arena parlamentare.
Oggi è il giorno di Sergio Matterella, democristiano e giudice della Corte costituzionale. Tutti fanno il suo nome (su Twitter è oramai una star), ma non si capisce se questo stia avvenendo per bruciarlo immediatamente o se per usarlo come ariete per arrivare alla votazione con maggioranza assoluta con un nome comune e univoco. Ieri sera il vicesegretario del Partito Democratico, Lorenzo Guerini, all’uscita dalla Camera, ha affermato che per il voto “si parte e si arriva” con Mattarella. Una scelta che stamattina è stata confermata anche dal segretario e premier Matteo Renzi. Silvio Berlusconi sembra che non sia così convinto di mettere al Quirinale un magistrato, mentre Angelino Alfano potrebbe esser d’accordo nel votare una personalità cattolica per il Colle.
Comunque sarà, per i primi tre scrutini l’indicazione del Partito Democratico, e forse di Forza Italia, sarà di votare scheda bianca, per spostare la reale battaglia dal quarto scrutinio in poi, quando diventerà vigente la regola della maggioranza assoluta sufficiente per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Sarà anche da vedere quale strategia verrà adottata dal brigata del Movimento Cinque Stelle, che ha in lista nove nomi per sue Quirinarie, fra i quali Pier Luigi Bersani e Romani Prodi. Fratelli d’Italia e Lega Nord voteranno Pier Vittorio Feltri, una candidatura oggettivamente di bandiera.
Quel che si evince dalle cronache romane di questa mattina è innanzitutto la fretta che sembra avere il presidente del Consiglio Renzi nel chiudere la faccenda Quirinale, sistemando una personalità che non gli faccia troppa ombra e che ricollochi le telecamere e i microfoni, l’attenzione totale, sulla sua “spettacolare marcia”.